domenica 29 settembre 2024

Farmhouse Ale - Bière de Garde e Saison

Da quanto visto nel Nordeuropa esiste ancora la cultura della birra di fattoria, o meglio la tradizione da parte di ogni fattoria nel prodursi la propria birra, un po' come qua in Italia c'è chi si fa il vino partendo dalle uve proprie coltivate.

Mentre questo tipo di birra nell'ultimo secolo è stata praticamente spazzata via dall'Europa Continentale insieme a molti stili industrialmente poco redditizi. Ma in Belgio e nel Nord della Francia sopravvivono ancora birre discendenti delle antiche Farmhouse Ale.


Bière de Garde

A metà ottocento le birre in Francia venivano distinti in due classi, principalmente per motivi legali, dove abbiamo: la bière forte (birra forte), tassata a 2.4 fr./hl, e la petite bière (birra piccola), tassata invece a 0.6 fr./hl [1]. La bière de garde ricadeva nella prima categoria e il suo nome stava per  "birra da magazzino" o "da conserva", perché la sua relativa alta graduazione e maggiore luppolazione, la rendeva adatta per la lunga conservazione o per essere consumata quando non la si poteva produrre, quindi in estate. 

In quel periodo la città maggiore produttrice di birra in Francia era Parigi. Qui se ne produceva una da conserva, scura e forte, chiamata bière de Mars, perché prodotta dall'inizio dell'inverno fino in primavera (marzo, non oltre) e consumata dopo 4 - 6 mesi. Questa era tra le birre più forti e più luppolate di Francia, presentava 8.0 - 8.5°B (14.4 - 15.3°Br), per la quale s'impiegavano 700 - 800g/hl di luppolo. Insieme ad essa, dal lavaggio delle trebbie si produceva la petite bière, con un grado iniziale di 2.5 - 3.0°B (4.5 - 5.4°Br) [1].

La seconda città francese come produttrice di birra era Lille, anche qui si producevano due tipi di birra. La prima era la bière forte o de garde, la quale presentava tra i 5 e 6.25% ABV [2] e se ne producevano 72hl da 2000kg di malto, impiegando 26kg di luppolo di Poperinge e 16l di lievito come si può leggere sopra [1]. Essa veniva consumata dopo 6 - 8 mesi e conservata dopo 8 - 10 giorni. Durante questo periodo di conserva, la birra diventava limpidissima e alla fine si presentava con un colore giallo dorato - ambrato scuro. Dalla terza macerazione dei grani con acqua bollente si produceva una birra leggera chiamata petire bière, la quale generalmente non superava il 3% ABV e veniva consumata dopo 4 - 6 settimane.

La terza città francese tra le maggiori produttrici di birra dell'epoca era quella Strasburgo molto più a sud. Qui sui produceva un solo tipo di birra, la quale era divisa in due qualità la bière de Mars e bière jeune. La prima veniva prodotta da gennaio a marzo e consumata in estate, impiegando 32 - 35 kg/hl di malto su birra prodotta e 900 - 1100 g/hl di luppolo (tedesco) [1], presentava una graduazione di 5.0 - 5.6 %ABV [2]; mentre la seconda veniva prodotta tutto l'anno, anche se di meno tra luglio e settembre e consumata dopo 2 - 3 settimane, impiegando 28 - 30 kg/hl di malto su birra prodotta e 600 - 700 g/hl di luppolo (locale) [1].


Oggi queste birre si presentano come delle rustiche birre ad alta graduazione. Presentano tre varianti: chiara/bionda (blonde), scura/marrone (brune) e la tradizionale ambrata (ambrée). Sono birre molto dal profilo maltato, con un'aroma di pane e tostato, esteri medio - bassi; mentre il luppolo è leggero, con sentori speziati e erbacei. Con sapori di malto, caramello, un amaro medio basso, un corpo medio leggero, infatti, si presentano come birre molto dolci, ma abbastanza secche. Generalmente hanno un grado iniziale tra i 14.7 e i 19.3°Br, una graduazione di 6.0 - 8.5% ABV e un'amarezza tra 18 - 28 IBU.


Saison

Così come nel Nord della Francia anche in Belgio si producevano birre a lunga conservazione. Queste birre erano conosciute come bière de saison, perché adatte a tutte le stagioni, relativamente alcoliche e molto luppolate si prestavano bene alla lunga conservazione, ed erano conosciute anche con il nome di saison d'été, perché brassate tra ottobre e dicembre, quando le temperature erano molto basse, e consumate durante l'estate (été). Non si hanno molte fonti storiche su questo stile, anzi stili perché tendeva a variare molto facilmente tra un villaggio ed un altro, ma Lacambre, ci ha lasciato un po' di materiale delle birre forti prodotte in Belgio nella metà dell'ottocento.

Tra queste abbiamo la birra d'orzo di Anversa, prodotta nella medesima città. Dove la miscela di cereali impiegati consisteva per la maggior parte di malto d'orzo, sebbene alcuni birrai includessero un po' di avena (4-6%) e frumento (5-8%). Ma quella buona veniva prodotta con solo malto d'orzo, tant'è che in fiammingo prende il nome di geheele gersten (solo orzo).

L'ammostamento consisteva nell'unire i grani leggermente macinati a un terzo del loro volume di acqua calda, a 48 - 50°C; dopo di che si aggiungeva altra acqua più calda, si mescolava e si lasciava macerare il tutto per mezz'ora. Finita questa fase si percolava il primo mosto, lo si portava ad ebollizione, per poi riunirlo ai grani ed essere così filtrato di nuovo.

Poi nei grani esausti s'immetteva dell'acqua bollente, si mescolava il tutto per un'ora, lasciando riposare per un'altra ora. Da qui si produceva un mosto da 6 - 8°B (19.8 - 23.4°Br). Infine, si eseguiva un terzo ammostamento nelle stessa maniera del secondo, ma di durata minore, dove tutto il liquido prodotto veniva inviato in una caldaia e messo a bollire con il luppolo. 

Molti birrai eseguivano altri due ammostamenti per la produzione di petite bière, la quale presenta un grado iniziale di 3.5°B (6.5°Br). A differenza della birra forte che ne presenta il doppio (12.6°Br). Generalmente la resa era di 1hl da 24 - 26 kg di grani, di cui il 60% di questo volume era costituito dalla birra forte. Il mosto della birra forte veniva bollito per 3 ore e 1/2 - 4 ore (se il mosto non era abbastanza scuro si aggiungeva un po' di calce per scurirlo, 60 - 80 g/hl), mentre la quantità di luppolo impiegata era di 380 - 460 g/hl [1].

Questa birra non veniva mai prodotta in estate e la si consumava dopo 4 - 6 mesi, benché poteva essere conservata per 1 - 2 anni. Un'abitudine un po' curiosa dell'epoca era che non veniva consumata in purezza, ma blendata, unendo birra giovane a birra vecchia, come con le gueuze.

Nelle Fiandre, soprattutto in quelle orientali, si produceva la Uytzet, della quale esistevano due varianti, la singola od ordinaria, usata per il consumo locale, e la doppia, per l'esportazione. Per questa birra si usava esclusivamente malto d'orzo, anche se alcuni birrai usavano piccole percentuali si avena e frumento. 

L'ammostamento iniziava con il mettere uno spesso strato di lolla (questa doveva essere prima lavata con acqua bollente, per evitare sentori di paglia) sul fondo di un tino, sopra di esso si versavano i grani macinati e si faceva fluire l'acqua dal fondo, finché non bagnava completamente i grani. Da qui si lasciava riposare il tutto per 3/4 d'ora, tutto questo avveniva alla temperatura di 60 - 66°C, e il mosto risultante veniva inviato in una caldaia con acqua bollente, successivamente questo mosto veniva rinviato sui grani per essere chiarificato. Da qui si procedeva al secondo ammostamento con l'immissione di acqua bollente nel tino dei grani e lasciando macerare i grani per 1 ora e 1/2. Da qui in poi si facevano altri due o tre ammostamenti sempre nella stessa maniera [1].

Di solito dall'unione di tutti questi mosti si andava a produrre quella ordinaria, mentre impiegando soli i primi due mosti si produce quella forte e con i restanti quella ordinaria. S'impiegavano 667 - 833g/hl di luppolo locale della migliore qualità per la birra forte, mentre per quella ordinaria 500 - 667g/hl di luppolo locale. Il mosto della birra forte presentava 7.25 - 8.00°B prima della fermentazione e una graduazione finale di 5.6% ABV, a differenza di quella ordinaria che ne presentava 4.0% ABV [1].

In Vallonia si producevano birre molto simili a quelle di Anversa, prettamente di malto d'orzo, con l'aggiunta dell'1 o del 2% di avena o farro. Le quali variavano molto di birrificio in birrificio, all'epoca c'era la concezione che più si faceva bollire il mosto, meglio si conservava, tant'è che a Namur, Mons e Charleroi, esso veniva bollito dalle 15 alle 18 ore, ottenendo un mosto piuttosto bruno; a differenza dei birrifici di Verviers che lo facevano bollire per 6 - 8 ore, ottenendo una birra ambrata. Altri invece facevano bollire il mosto per 5 - 6 ore e lo scurivano aggiungendo calce in ebollizione [1].

Per questa birra si usavano luppoli provenienti dalla valle del Mosa o dalle Fiandre e se ne impiegavano 500 g/hl. Mentre per la fermentazione 2 - 3 dl/hl di lievito, dove il mosto presentava un grado iniziale di 5 - 6°B (9 - 10.8°Br). Questa birra fermentava per 3 - 4 giorni, dopo di che si conservava (in botti da 1.5 - 2 hl) e la si consumava dopo 3 - 4 settimane. Questa non si conservava bene, ma quelle di qualità migliore potevano durare 4 - 5 mesi [1].


Come detto però con il tempo i birrifici di campagna scomparvero, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, dove alcuni abbandonarono l'attività brassicola in favore di quella agricola, mentre altri fecero il contrario, il tutto soprattuto fortemente incentivato dalla concorrenza delle birre straniere.

Oggi giorno le saison si presentano come delle birre con colore dorato carico o ambrato, un grado alcolico medio, 4 - 6% ABV, e con sentori fruttati e speziati. Questi sono tipici delle birre ad alta fermentazione dati dall'apporto di esteri, che conferiscono note di albicocca, ananas e banana; mentre lo speziato è dato dal carattere fenolico (chiodi di garofano) dei lieviti belgi, maggiormente accentuabile dall'aggiunta di spezie in bollitura.

L'amaro del luppolo è percepibile, in maniera minore rispetto ad una pale ale. Ma a naso e bocca le note luppolate hanno un intensità medio-bassa. Oltre a ciò le saison risultano abbastanza secche, con un corpo esile, e rinfrescanti. Infatti, tendono ad essere molto attenuata, con un grado finale di 0.5 - 2.0°Br (valore corretto, equivalente a 4.4 - 5.0°Br, valore misurato, partendo da 12.0°Br iniziali), quindi molto attenuate, generalmente bisogna aspettarsi un attenuazione del tra l'85 e il 95%. Le saison standard partono da 12.0 a 16.0°Br, un grado alcolico tra il 5.0 e il 7.0% ABV (molto più alta rispetto le birre vallone di una volta) e un amarezza di 20 - 35 IBU.









Bibliografia

[1] La Cambre, G.; Traité Complet de la Fabrication des Bières, et de la Distillation de Grain, Pomme de Terre, Betteraves, Topinambours, etc.; Tome Premier, Bruxelles, 1856;

[2] Mulder, G. J.; Delondre, A.; De la Bière, sa composition chimique, sa fabrication, son emploi comme boisson; Paris, 1861;






Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.

domenica 15 settembre 2024

Farmhouse Ale - Koduõlu, Lauku alus e Kaimiškas alus

Dopo essere stati in Scandinavia, si scende nei Baltici, paesi linguisticamente parlando molto simili alla Finlandia. E dove anche qua alberga la cultura della birra fatta in casa, soprattutto nelle fattorie.


Birre di fattoria estoni 

Koduõlu appena spillata [d]
Sulle isole estoni di Saaremaa, Hiiumaa e Muhu, viene prodotta la koduõlu, il cui significato è quello di "birra fatta in casa" (õlu = ale = birra). Tradizionalmente per la sua produzione si utilizzava malto d'orzo autoprodotto ed essiccato al sole o su un pavimento riscaldato. Ne consegue che il risultato era quello di un malto chiaro e non affumicato. 

Oggi, la maggior parte dei produttori di koduõlu utilizza malto pilsner, benché ancora c'è qualcuno che lo produce in casa essiccandolo in forno. Questo tipo di birra assomiglia molto al kornøl, con aromi di ginepro e fruttati (banana), un sapore leggermente di lievito, rotondo e delicato, e una carbonatazione leggera.

La maggior parte dei birrai usa il ginepro per filtrare le trebbie, mentre alcuni lo usano solo per l'infuso, benché storicamente per quest'ultimo si usavano: il mirto di palude (Myrica gale L.) e il rosmarino di palude (Rhododendron tomentosum Harmaja) [1].

Come lievito, si usa quello da panificazione Nordic Pärm oppure Pärm Euroferm, quest'ultimo è il lievito finlandese Suomen Hiiva e ciò dimostra come molte koduõlu presentano lo stesso profilo di lievito del sahti. Benché storicamente ogni fattoria estone aveva il proprio lievito, il quale, purtroppo, è scomparso tra gli anni '70 e gli anni '90.

L'ammostamento avviene per infusione con due pause, anche se quello più comune è con una singola pausa, versando acqua quasi bollente sul malto macinato. Mentre per quanto riguarda la luppolatura, alcuni aggiungono il luppolo in ammostamento, altri lo fanno bollire a parte, per creare un infuso da aggiungere a piacere prima o dopo la fermentazione (il mosto non subisce bollitura, come la råøl). Altri versano l'infuso attraverso il trebbie filtrandolo dal luppolo. Comunque il carattere di questo è molto debole, basti pensare che la maggior parte dei birrai usano tra 0.5 - 4.0 grammi per litro, così da avere un'amarezza tra i 5 e i 10 IBU.

La graduazione alcolica si presenta tra 6.5 - 7.5% ABV. Con un grado zuccherino iniziale di 14.7 - 16.1 °P (1.060 - 1.066 SG) e quello finale di 2.1 - 4.8 °P (1.008 - 1.019 SG) [1].

Questo tipo di birra è una piccola parte delle birre di fattoria estoni, ad esempio sulla terra ferma si utilizzavano malti caramellati, come pure l'ammostamento del malto in pani in stile keptinis


Nell'angolo sudorientale dell'Estonia, nella regione di Setomaa, è presente la popolazione dei Seto, la quale produce il proprio koduõlu, utilizzando come base malto d'orzo o di segale di propria produzione. Questo una volta macinato vene impastato, dandogli una forma di pagnotte piatte, che vengono successivamente infornate in forni preriscaldati, per ottenere dei pani secchi quasi neri all'esterno. 

I pani, successivamente sono frantumanti con un mortaio e bagnati nel tino di filtraggio, dove il mosto filtra attraverso la paglia e rametti di ginepro presenti sul fondo, il cui mosto uscente viene riscaldato e fatto filtrare diverse volte attraverso il letto di trebbie.


Birre di fattoria lettoni

Nonostante in Lettonia la cultura brassicola sia molto radicata, dove ogni fattoria produce la propria birra, devo dire che trovare qualcosa a su di essa è stato molto difficile. Ma le birre di fattoria lettoni non si discostano a molto dalle solite birre baltiche.

La lauku alus, che significa "birra di campagna" (alus = ale = birra), la si produce partendo da malto d'orzo autoprodotto, insieme a segale. I quali una volta macinati e impastati con acqua calda sono infornati per ottenere un prodotto abbastanza caramellato, le tempistiche sono empiriche e si va a tatto. Dopo di che si versa tutto nel tino di filtraggio e si lascia riposare per 2 - 3 ora. Alla fine delle quali il tutto viene filtrato dal fondo attraverso paglia e rami di ginepro. 

Come sempre il luppolo, di provenienza selvatica, viene bollito a parte e aggiunto alla fine. Mentre il lievito impiegato è quello da panificazione. Queste birre sono fatte per essere consumate entro una settimana, altrimenti diventano acide. Mentre il condizionamenti in bottiglia avviene tramite un imbottigliamento fatto a poco prima che finisca la fermentazione [a].


Birre di fattoria lituane

Kaimiškas alus. Significa letteralmente "birra del villaggio" (alus = ale = birra) ed è il nome generico con il quale si definiscono le birre di fattoria lituane, gruppo abbastanza eterogeneo.

Tradizionalmente per queste birre si usavo malto d'orzo esastico, maltato in casa ed essiccato al sole o su una grande stufa, andando, quindi, a ottenere un malto molto chiaro. Oggi la maggior parte dei birrai acquista il malto, mentre la preparazione prevede un'ammostamento per infusione, filtraggio delle trebbie e raffreddamento, con successiva aggiunta di infuso di luppolo e fermentazione.

Queste birre sono solitamente dolci, leggermente luppolate, con il sapore del malto tipico lituano e di birra cruda. Mentre il profilo del luppolo è abbastanza distintivo, molti birrai hanno ancora il proprio lievito, anche se alcuni usano lievito da panificazione. Questi lieviti sono stati analizzati, risultando essere: uno Nakazawaea holstii, uno Brettanomyces e quattro Saccharomyces cerevisiae. Dove la maggior parte presenta un profilo fenolico e fermenta a temperature molto alte, come con il kveik.

La carbonatazione nelle kaimiškas alus tende a essere molto bassa, anche se molto spesso questa birra viene conservata in botti ad alta pressione. La quale quando viene spillata assomiglia a porridge finché la schiuma non si attenua.


Prodotta nella Lituania nordorientale, nell'aera introno alla città di Kupiškis, la keptinis, storicamente veniva prodotta anche in Finlandia orientale e in Estonia (continentale), dove ne rimane traccia con i Seto. Quindi, come si può immaginare, l'ammostamento di questa birra prevede la cottura del malto in forno.

I cereali usati sono: orzo, avena e bromo pendulo (cereale molto povero usato come foraggio). Dove l'orzo generalmente veniva maltato ed essiccato sugli stessi forni nei quali lo si ammostava.

Pane di malto [b]
Il malto macinato viene impastato con acqua calda per formare un impasto denso, e posto in teglie, sopra della paglia, formando strati di 17 - 19 cm; alcuni birrai formano dei veri e propri pani, mentre altri fanno solo uno strato spesso. Da qui i pani di malto vengono infornati finché non diventano marroni, segno di una forte caramellizzazione, generalmente per 20 - 30 min. 

Cotti i pani, questi vengono frantumai e posti nel tino di filtraggio insieme a luppolo e corteccia di tiglio (altri parlano di fiori di tiglio). Il tutto viene lasciato riposare per 4 - 5 ore e filtrato attraverso un panno presente nel tino. Storicamente non si parla di aggiunta di lievito (quindi probabile fermentazione spontanea?) Benché una fonte storica riporta l'aggiunta di lievito [b].

Per la produzione di questa birra si usavano 125 kvartas di acqua per 1 pura di malto, ovvero 102 l per 70 kg, quindi 1.46 l/kg [b]. Il risultato veniva descritto come una scura birra marrone, dal sapore agrodolce, densa, appiccicosa e inebriante. Non si è chiari visto che abbiamo a che fare con una birra cruda se l'acidità è data dalla fermentazione lattica oppure dalla forte tostatura del mosto in forno.

Mistinis. Parente della precedente, veniva prodotta per le grandi occasioni, poiché i volumi gestiti dai forni per il keptinis non erano sufficienti. Dove l'inconfondibile aroma caramellato veniva ricreato attraverso l'uso di pietre roventi usate per l'ammostamento.

Il rapporto acqua/malto era molto basso, tant'è che l'impasto "doveva mantenere in piedi un remo". Esso veniva mantenuto caldo attraverso l'aggiunta di pietre roventi oppure palle di ferro, riscaldate con gli stessi forni di produzione del keptinis [d].

Come sempre il mosto non veniva bollito, il quale fluiva dal fondo del tino attraverso bastoni e paglia, mentre le trebbie venivano lavate con acqua bollette. Il luppolo veniva bollito a parte, e l'infuso aggiunto in seguito. La fermentazione primaria durava 12 ore, successivamente si trasferiva il tutto in botte.






Bibliografia

[1] Garshol, L., M.; Historical Brewing Techniques, Brewers Association, 2020

Sitologia

[a] https://fermentables.wordpress.com/2010/06/23/lauku-alus-no-boil-latvian-country-ale/#postcomment

[b] https://www.garshol.priv.no/blog/394.html

[c] https://www.giornaledellabirra.it/stili-di-birra/mistinis-e-keptinis-stili-minori-dai-paesi-baltici/

[d] https://visitsaaremaa.ee/salaparane-saaremaa-koduolu-kuskohast-seda-saab/






Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.

domenica 1 settembre 2024

Ogni tanto faccio qualcosa di buono

Parecchi anni fa, dopo essermi affacciato al mondo dell'homebrewing, notai questo manifesto (a fianco) pubblicizzato da Antonio Golia sul suo blog Homebrewing Condon, blog che seguivo da poco e che in parte ha ispirato il mio. Decisi allora di tentare, e nonostante fossi inesperto candidai una schwarbier, la quale ovviamente non conquistò il podio.

Questa però fu l'occasione per conoscere l'Associazione Culturale Beerstream, la quale aveva sede proprio a Cosenza. La quale per me fu una vera e propria rivelazione, nonché una grande occasione per conoscere altri homebrewer calabresi. Infatti, dopo un po' divenni anche io un associato e iniziai a partecipare ai vari eventi organizzati da essa.

Quest'anno si è ripresentata l'occasione, e visto che negli anni sono un po' migliorato, anzi sono diventato meno esperto di allora. Ho deciso di candidare qualche mia birra. Senza riporre particolare speranza

Ne ho presentate tre, la mia Witbier, apprezzata da molti e fatta con il mio caro grano rosìa; insieme a essa la mia Saison ai fior d'arancio, la quale essendo l'aroma di questi fiori molto presente ho deciso di etichettarla come Spice Beer; infine, la Barley Wine con i datteri Medjoul, etichettata come Fruit Beer, perché nel vero stile barley wine non è consentito l'aggiunta di frutta.

Rogliano (CS)

Ma negli anni l'associazione si è un po' delocalizzata, e dovetti andare a consegnare le mie birre in paese della Presila più a sud di Cosenza. In alternativa avrei potuto inviare le birre tramite corriere, ma vista la stagione calda e la relativa vicinanza a questo paese, decisi di consegnarle a mano.

Vecchia Fiat M4.408, stazione di Rogliano
Quindi qualche giorno prima della scadenza per la consegna, affiancato dal mio caro amico Giuseppe, partiamo alla volta di Rogliano. 

Impresa rivelatasi un po' lunga. Poiché partimmo dalla stazione di Castiglione Cosentino alle 7:34 e dopo cinque minuti eravamo a Cosenza (Vaglio Lise). Da li, dopo 15 minuti di attesa, ci attendeva un viaggio lungo la Presila con un vecchia locomotiva diesel revampizzata (Fiat M4.408) su circa 30km di binari a scartamento ridotto. Fu un po' un viaggio nel tempo, troppo abituato ai nuovi e performanti treni elettrici, questa locomotiva faceva sentire la sua potenza attraverso il pavimento.

Il viaggio da Cosenza a Rogliano durò 46 minuti, passati pigramente tra stazioni fantasma e tunnel in mattoni, intervallati da autentiche foreste di querce e acacie. Scesi al capolinea, decidemmo, vista la buon ora, di fare colazione con calma per poi dirigerci verso il punto di consegna, sito a qualche chilometro più a sud della stazione.

Arrivati al "Service for Packaging", Francesco, il proprietario e anch'egli homebrewer, ci accoglie nel suo negozio. E dopo aver consegnato le birre, ci fa da guida, mostrandoci gli svariati articoli, ma soprattutto essendo rivenditore Uberti Venezia, quelli per la produzione di birra in casa. Infatti, da qui ci fa vedere il suo angolo homebrewing, con il fermentatore e l'attrezzatura scintillante, tutti messi in ordine. Per poi intrattenerci a chiacchierare un po', scambiarci pareri sulle birre prodotte e sugli ingredienti utilizzati. 

Poiché il treno di ritorno era per l'una, ce la siamo presi comoda. Cogliendo l'occasione per visitare un po' la citta e potersi così fermare a prendere qualcosa. Rogliano è un borgo abbastanza caratteristico e turistico. Soprattutto da visitare in estate perché molto fresco, cosa che mi è piaciuto molto. Dopo di che il ritorno fu un po' traumatico il caldo di fece sentire abbastanza con il treno e arrivammo a casa cotti.

Da qui in poi la storia prende una piega un po' bittersweet, infatti, dopo una settimana, sorprendentemente l'associazione mi comunica che una delle mie birre aveva conquistato il podio. La notizia mi spiazzò, perché un po' non avevo riposto molta speranza, poi soprattutto il secondo posto.

E così fu, una birra così semplice come la witbier era arrivata seconda. Ma non potei partecipare alla premiazione, la quale avveniva in occasione della cotta pubblica, organizzata dall'Associazione, presso "Il Brillo Parlante" a Lorica su in Sila.

Tutto ciò perché Ferrovie della Calabria da qualche anno a questa parte ha deciso di sopprimere l'unica corsa per raggiungere questo paesino sito sul lago Arvo. Allo stesso tempo conscio dell'impossibilità raggiungere il paese in bus, chiesi un po' in giro per un passaggio in auto, ma anche la dovetti abbandonare ogni speranza.

Fiat M4.406, stazione di Cosenza

Per di più inseguito mi fu comunicato che anche un'altra mia birra aveva conquistato il podio, si trattava della Spice beer, prodotta con i fior d'arancio, la quale era arrivata quarta. Questa fu molto spiazzante come notizia, si erano classificate ben due birre su tre presentate e avevano conquistato due podi su quattro. Solo che questa essendo quarta non spettava una pergamena lo attestasse, ma solo il premio.

Così a un mese di distanza dall'ultima volta, mi ritrovai di nuovo in viaggio verso Rogliamo, questa volta pero a bordo di una Fiat M4.406, insieme al mio amico Giuseppe e alla sua compagna Teresa. Volti ad andare a ritirare la pergamena spettante del secondo posto e un po' a visitare il paese. Così fu, l'aria fresca della Presila era ristoratrice rispetto alla calura delle colline di Rende, concedendoci qualche passeggiata, per poi ritirarci su rotaia dopo un veloce pranzo al sacco.

Ancora mi fa strano pensare di essere riuscito a vincere con una semplice witbier. Qualcosa di classico, nulla d'innovativo o particolare.

Ma devo dire che le mie birre sono prodotte con il massimo della cura, valorizzo e rispetto gli ingredienti utilizzati. E citando Pierre Celis, il segreto sta nella freschezza.

Malto e cereale sono sempre freschi, il frumento lo acquisto annualmente da un agricoltore locale. Il luppolo è autoprodotto annualmente. Poi il coriandolo, quello deve essere freschissimo, quel poco che mi avanza annualmente viene buttato, c'è una grandissima differenza. Per non parlare delle arance amare, raccolte la sera prima della cotta, come tutti gli agrumi impiegati per le altre birre.

Quindi fate le vostre birre mettendoci voi stessi, state attenti agli ingredienti utilizzati e non fatele solo perché vi da di farvi una birra così. Con l'occasione ringrazio di cuore l'Associazione Culturale Beerstream per l'occasione concessami e così facendo aver dato un maggiore valore a quello che produco. E grazie è arrivato a leggere fin qui.