domenica 18 agosto 2024

Farmhouse Ale - Sahti

In passato le birre di fattoria veniva prodotte anche in Finlandia, là dove si coltivavano cereali, quindi da sud fino a Oulu nel nord. Storicamente si possono distinguere tre tipologie di birre di fattoria finlandesi: una birra piccola (small beer o table beer) senza nome, prodotta con la segale lungo la costa; la sahti una birra d'orzo forte prodotta nell'entroterra occidentale; e il taari una birra debole di segale prodotta a oriente. In quell'epoca i malti come per tutte le birre di fattorie erano autoprodotti e in questo caso venivano essiccati in dei forni a sauna (come con la gotlandsdricke), utilizzando legno di ontano o di betulla che gli conferiva il tipico gusto affumicato delle birre di fattoria scandinave.

Attuale area di produzione del Sahti
Oggi giorno la sahti è l'unica ad essere sopravvissuta, l'etimologia della sua parola è un po' incerta, ma si crede nasca dalla parola germanica saf, la quale è poi mutata nella parola scandinava saft, che significa "succo". 

Mente l'area di produzione, con gli anni si è ristretta alla seguente: che va da Isojoki (ovest) a Mäntyharju (est) e da Jämsä (nord) a Orimattila (sud). La sahti viene prodotto, quasi esclusivamente, con il Viking Sahti Malt, una miscela commerciale, composta principalmente da malto pilsner, con aggiunte di malto pale caramel e di malto distatico (ma un buon sostituto è la miscela 80-90% malto pilsner e 10-20% malto munich); al quale viene aggiunto della segale, tra il 5 e il 10%, in varie forme: normale, tostata o farina. Alcuni birrai usano in alternativa alla normale segale, il malto Tuoppi Kaljamallas, un malto scuro di segale, per scurire e dare un sapore più morbido che sa di pane di segale tostato.


Ammostamento

L'ammostamento della sahti richiede dalle cinque alle otto ore, infatti, localmente si dice che "la pigrizia è una virtù in un birraio". Ma nonostante ciò i mastri birrai di sahti si alzano alle 7. Tutto ciò è legato a un passato dove il malto impiegato era prodotto in casa, quindi richiedeva un lungo e lento ammostamento per ottenere una buona conversione degli zuccheri. 

Oltre a  ciò senza la minima idea di cosa fossero gli enzimi, i vecchi birrai di sahti hanno sviluppato una tecnica di ammostamento che prevede attraverso una lenta aggiunta di acqua sempre più calda, per scaldare gradualmente i grani. In pratica è un ammostamento multisteps, il quale nel caso del sahti si parla si un semplice "bagnare il malto" [2].

Le temperature di ammostamento sono molto empiriche, legate a tecniche passate basate sul saggiare la temperatura dell'acqua con le mani:

  • le aggiunte devono essere di una parte d'acqua per 3.5 parti di grani macinati, o in chiave moderna 1 litro ogni 2kg di malto;
  • ad ogni aggiunta bisogna mescolare bene il tutto e lasciare riposare per una mezz'ora o un'ora;
  • si inizia con il bagnare i grani macinati con acqua leggermente più calda della mano;
  • nel secondo passaggio si impiega acqua talmente calda da poter appena toccarla con un dito;
  • mentre per il terzo, quarto e quinto, l'aggiunta è di acqua bollente;

Alla fine, appunto, è come avere un ammostamento simile a quello per decozione multisteps con pause a 40 - 50 - 60 - 70 e 80°C, per il quale a conti fatti ci vogliono cinque ore per l'ammostamento. Siccome in passato i tini di ammostamento erano in legno, quindi abbastanza termicamente isolanti, oggigiorno vista la difficoltà nel mantenimento di questi tini, si è passati a quelli in acciaio inossidabile e al fine di evitare perdite di calore e quindi di efficienza questi vengono coperti, o addirittura a volte isolati con delle coperte. Mentre si può capire che la sahti è un prodotto abbastanza forte dal rapporto di acqua usato per l'ammostamento, 2.5l di acqua per kg di malto.

Pinze per maneggiare le pietre roventi usate in passato per il sahti [2]

 In passato nella produzione della sahti si impiegavano delle pietre roventi per bollire il mash un po' come con le steinbier, questa tecnica di produzione ci è giunta grazie alla tesi di Carl Niclas Hellenius del 1780. La quale prevede una bagnatura del malto con un po' d'acqua fredda la sera precedente, all'indomani si effettuavano diverse aggiunte di acqua calda fino a raggiunger la densità desiderata. Da qui il mosto veniva scaldato con l'aggiunta di pietre roventi, e dopo aver mescolato vigorosamente (per evitare di bruciare la tinozza di legno) lo si copriva, lasciandolo bollire.

Da quanto riportato Hellenius, veniva impiegata una pietra del peso di sei marchi per ogni kappe di malto, cioè 5kg di pietra ogni 10kg di malto. Oltre a ciò sosteneva che la frantumazione delle pietre nel mosto, dovuta allo shock termico, era dannosa per la salute dell'uomo. E recentemente il birrificio Sahti Hollolan Hirvi ha voluto rispolverare questa tradizione, producendo la Kivisahti (sahti di pietra), per la quale in mastro birraio sostiene che le pietre prima di frantumarsi possono essere utilizzate e che i frammenti vengono filtrati. Questa variante presenta un delicato aroma di fumo e di caramello, dato dalle pietre roventi che caramellizzano il malto [2].


Filtrazione

Esempio di kuurna [a]

 Con la filtrazione avviene la magia e il mosto acquisisce tutte le sue caratteristiche per diventare sahti. Infatti, qua si può vedere il suo forte legame con il passato, i grani ammostati vengono adagiati su un letto di rami di ginepro, che oltre a dare il suo tipico aroma scandinavo, fa da fondo filtrante per il kuurna. Questo, non è altro che un lungo tronco scavato, dove la sua forma stretta e lunga, permette una migliore filtrazione del denso mosto risultante. Però oggigiorno, il kuurna è stato preso in chiave moderna e negli attuali birrifici dove viene prodotto il sahti (commerciale) sono in acciaio inossidabile.


Fermentazione e immagazzinamento

Bottiglia di sathi prodotta da Sahtia [b]

 La sahti non prevede bollitura, quindi si tratta di una birra cruda (raw ale), di conseguenza non è prevista nememno una luppolatura, anche se po' essere aggiunto nel letto filtrante del kuurna insieme ai rami di ginepro. 

Mentre il lievito impiegato, è comune lievito da panificazione della marca Suimen Hiiva. Questo gli conferisce il tipico aroma da weizenbier, speziato (chiodi di garofano) e fruttato (banana); anche se un tempo ogni fattoria aveva il proprio lievito (kveik?). Questi aromi si legano bene a quello dato dai rami di ginepro, descritto come verde, fresco, boschivo e agrumato.

Una caratteristica mantenuta della sahti è quella di essere una birra forte, infatti, ha una graduazione che va da 7.5 a 9.0% ABV, che tende a ingannare facilmente. Presenta nella maggior parte dei casi un colore rossiccio, torbida e da sapore dolce, mitigato dall'amaro del ginepro. Non essendoci luppolo, oppure se usato molto marginalmente, i sapori di malto sono molto marcati, come quelli di caramello e tuffee. Poiché differisce molto di birrificio in birrificio, l'Europa nel concedergli una denominazione protetta si è mantenuta sul requisiti ampi, definendola come: "una birra non pastorizzata e non filtrata di 19°P o più di densità iniziale, 6 - 12% ABV, pH inferiore a 5, per la quale si impiega lievito da panificazione e non da birra, con sapore leggermente dolce e un colore dal giallo al marrone scuro".

Poi essendo una birra cruda, tende ad acidificare, quindi calmatasi la fermentazione primaria il mosto viene spostato in un luogo fresco, per terminare con calma quella secondaria. Così facendo si mantiene per diverso tempo, venendo conservato in taniche da 10l in pp oppure in bottiglie di pet. Solitamente la sahti è intenzionalmente piatto, ma può conservare un po' di carbonatazione naturale.

La sahti quindi è una birra dai sapori molto scandinavi che vale la pena conoscere e provare. Anche se a me ha sempre affascinato la sua tecnica di produzione che oserei dire medievale.






Bibliografia

[1] Garshol, L., M.; Historical Brewing Techniques, Brewers Association, 2020;
[2] Laitinen, M.; Viking Age Brewing, Chicago Review Press Incorporated, 2019;

Sitologia
[a] https://www.lidovky.cz/domov/exkurze-do-sveta-pivnich-libustek.A060313_170602_ln_pivo_hlm/foto/HLM11a341_sahti.jpg
[b] https://it.wikipedia.org/wiki/Sahti#/media/File:Lammin_sahtia.JPG





Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.

domenica 4 agosto 2024

Farmhouse Ale - Maltøl, Gotlandsdricke e Landøl

Per birre di fattoria, o farmhouse ale,  s'intende tutta una serie di birre prodotte nelle fattorie o in zone rurali principalmente per l'autoconsumo e quindi che poche volte sono entrate in commercio.
Queste sono molto legate al passato, ad un'epoca dove ognuno produceva da se, soprattutto nelle fattorie.  Mi fanno un po' pensare ai miei nonni, dove il vino veniva fatto con le uve delle proprie viti e destinato al solo autoconsumo, come pure il pane, prodotto con il proprio grano, dove il lievito madre veniva conservato di volta in volta o scambiato tra vicini.

Birre di fattoria norvegesi
L'esempio di prima si lega bene alle birre di fattoria norvegesi, conosciute con il nome locale di maltøl, che significa "birra di malto" (øl = ale = birra). Esse rispetto alle solite birre europee hanno delle particolarità [1]:
  • il malto generalmente è autoprodotto, soprattutto nella zona di Stjøral, dove ogni fattoria possiede un Såinnhus, cioè una "casa del malto". Si tratta di edifici nei quali avviene l'essiccamento e la conseguente affumicatura del malto autoprodotto. Infatti, in questo edificio è presente il såinn (affumicatore), casseformi in pietra, sormontate da tavole forate di legno di ontano, attraverso cui passa il calore e il fumo del fuoco sottostante, anch'esso alimentato con lo stesso tipo di legno. Sopra queste tavole avviene la lenta essiccazione del malto il quale acquisisce il caratteristico aroma affumicato dato dal legno di ontano;
  • l'acqua utilizzata per l'ammostamento è aromatizzata con i rami di ginepro. Infatti, prima di iniziare l'ammostamento bisogna preparare l'einerlåg o sprakalåg, mettendo in infusione 15 - 20g/l di rami di ginepro, portandoli alla temperatura di 80 - 90°C. Da notare l'infuso non deve bollire;
  • per la fermentazione si impiega il kveik, una coltura mista di lieviti conservata di anno in anno tramite essiccazione. Ogni fattoria ne possiede uno proprio, impiegato da generazione, così da avere caratteristiche uniche, come quella di poter fermentare a 30°C o di essere particolarmente pulito con interessanti note citriche, senza risultare troppo fenolico e estereo.

Mappa della distribuzioni dei vari tipi di Maltøl

Come molte birre di fattoria il maltøl cambia in base alla zona, ma si possono distingue cinque stili principali [a]:
  • Esempio di Stjørdalsöl [a]
    Stjørdalsöl
    , o "birra di Sjørdals", viene prodotta nei dintorni di questa città, vicino Trondheim. Termine prettamente utilizzato quando si parla di questa birra agli estranei, altrimenti tra i locali è conosciuta come maltøl. Presenta una graduazione alcolica tra i 5.0 e i 7.5% ABV, un colore che va dall'ambrato scuro al marrone, piuttosto dolci, maltose e affumicate, carattere dato al molto autoprodotto con l'orzo locale ed essiccato sul såinn, con legno di ontano. La produzione di questa birra inizia con il mettere in ammollo il malto macinato con acqua fredda per una notte, mentre l'ammostamento consiste in diversi cicli in cui il mosto viene colato (run off), scaldato in un bollitore (kettle) e unito ai grani, tutto ciò viene ripetuto finché il mosto non si raffredda o si riscaldo ulteriormente. Il ginepro così come il luppolo sono poco percepibili (entrambi usati per aromatizzare l'einerlåg), infatti, molti birrai usano o solo uno o solo l'altro, oppure nessuno, al fine di far risaltare il malto. Mentre per la fermentazione si utilizza lievito commerciale per pane Idun Blå o lievito lager del birrificio locale di EC Dahl's, a quanto pare il kveik è scomparso negli anni '70. I birrai locali impiegano 300 - 450g di malto per litro di birra e  80 - 90g di zucchero per litro. Il mosto non viene bollito, infatti, terminato l'ammostamento, si assaggia e si regola lo zucchero, per poi lasciarlo raffreddare e procedere all'inoculo. Generalmente la fermentazione dura 4 - 8 giorni, dove la birra viene giudicata pronta con l'assaggio [1]. 
  • Esempio Kornøl [a]
    Kornøl
    , letteralmente "birra di grano" (korn = grano/chicco, il frumento si chiama hvete), viene prodotta nella Norvegia
    nordoccidentale, a Nordfjord e Sunnmøre, impiegando malti chiari, un tempo essiccati al sole. Presenta una graduazione alcolica tra il 6.0 e l'8.0% ABV e una leggera carbonatazione naturale. Sono prodotte utilizzando una miscela al 50% di malto pilsner e malto pale, ma alcuni birrai ancora producono il proprio malto. Tra gli aromi prevale quello inconfondibile del ginepro, dato dall'acqua utilizzata per l'ammostamento infusa con i rami di ginepro e dalla filtrazione attraverso essi. Il luppolo può essere bollito in un po' di mosto (humlebeit), oppure facendo scorrere il mosto caldo attraverso un sacchetto contenente il luppolo; in modo da mantenere basso il contributo di esso; dagli anni '90 in poi, molti birrai hanno iniziato a bollire il mosto, alcuni per un'ora altri per 10-15min, giusto per pastorizzarlo. Il Kornøl solitamente fermenta per due giorni, massimo tre giorni, dopo di che si passa al travaso e alla conservazione al fresco. Questa si presenta come una birra chiara, opalescente e con una schiuma bassa e grossolana; abbastanza dolce e leggermente acida; insieme all'inconfondibile aroma di ginepro, sono presenti aromi di birra cruda, paglia/cereale e il fruttato del kveik, posseduto da ogni fattoria.
  • Råøl, letteralmente "birra cruda", è uno stile diffuso qua e la in Norvegia, infatti può essere trovata nei dintorni di Oppdal, Sunnmøre e a Stranda. Ha la particolarità, appunto, che il mosto non venga bollito, anche se generalmente una parte viene bollita con il luppolo e successivamente aggiunto al mosto crudo. L'impiego di malto affumicato è opzionale, mentre l'utilizzo del lievito varia, c'è chi usa il kveik e chi lievito commerciale. Quindi è uno stile ricco di sfumature accomunato dalla particolarità che il mosto impiegato sia crudo.
  • Esempio di Vossaøl [b]
    Heimabrygg, letteralmente "birra artigianale", raccoglie tre maltøl molto simili tra loro, prodotti nella Norvegia occidentale. Il Vossaøl, "birra di Voss", viene prodotta ne dintorni di questa città e presenta una graduazione alcolica tra i 7.0 e l'8.0%. Per la sua produzione vengono impiegati malti chiari non affumicati, principalmente pilsner, la gente locale ha rinunciato da tempo a prodursi il malto, il quale veniva prodotto in diversi modi, essiccato al sole, o in uno scaffale vicino al camino o in un pentolone di ferro. Si produce con un'ammostamento di almeno 3 ore utilizzando l'acqua con infuso i rami ginepro e il mosto viene filtrato sui rami della stessa pianta. Una bollitura da 3 a 4 ore, utilizzando dosi basse di luppolo, generalmente si hanno 7 - 10 IBU, anche se sporadicamente esistono versioni più amare. Con una resa di 3 litri di birra per chilogrammo di malto. Che porta ad avere una birra ambrata o rossastra, con una leggera carbonatazione naturale, dal gusto di ginepro e l'aroma citrico dato dal kveik. Ad Hardanger, la produzione di Hardangerøl non si discosta da quella di Voss, anche se una ricetta del 1898, dice di bollire la prima parte del mosto con il luppolo e l'ultima per diverse ore un po' come si faceva con le vecchie birre europee. Infine, si ha la Sogneøl, prodotta nei dintorni della città si Sogn, nel Sognefjord, una regione vasta a nord di Voss. Qui il kveik non esiste più e si utilizza lievito comune, mentre la produzione non di discosta dalle precedenti.
  • Telemarkøl, birra di Telemark, prodotta nei dintorni dell'omonima città, sita nella Norvegia orientale. Presenta un peculiarità nell'ammostamento, infatti, i grani macinati vengono lasciati in ammollo con acqua fredda per una notte, per poi avviare l'ammostamento con l'infuso. Seguita da una bollitura da un'ora con il luppolo e fatta fermentare con lievito commerciale o kveik. 

Birre di fattoria svedesi
Del confinante stato della Norvegia non si può dire lo stesso. Infatti, dalla Svezia si hanno notizie di solo un paio di birre di fattoria svedesi, ma che non si discostano molto dalle maltøl.
Mappa della Svezia insieme all'isola di Gotland

Le Gotlandsdricke, che significa "bevanda di Gotland", seconda isola più grande del mar Baltico, facente parte della Svezia, la cui posizione strategica ne ha fatto di un importante snodo commerciale nel tempo. Il nome deriva dalla parola dialettale "dricka", appunto "bevanda" (drink), con il quale storicamente si denominava una birra leggera per il consumo quotidiano. Le fattorie che coltivano cereali producevano questa bevanda, proprio come in Norvegia. Questa usanza, però, scomparve sulla Svezia continentale intorno agli anni '30, mentre sull'isola sopravvive nella parte meridionale.
Storicamente veniva principalmente prodotta birra d'orzo, ma sulla costa orientale e a Fårö si usava anche la segale, mentre alcuni a sud-est l'avena e altri sulla punta meridionale il frumento [1].
  • Tradizionalmente il malto (autoprodotto) veniva essiccato in un forno a soppalco come såinn, mentre altri usavano un forno a due piani, generando dei malti fortemente affumicati. Dove il legno impiegato era di betulla, molto più dolce di quello di ontano, anche se alcuni utilizzavano anche questo. Oggi pochissimi birrai si producono il proprio malto, nonostante ciò molti usano quello prodotto dai maltatori di fattoria.
  • Per quanto riguarda la sua produzione, le fonti sono un po' varie, ci sono versioni di "birra cruda", altre con un normale processo per infusione seguito da bollitura. Il ginepro è come sempre presente, come infuso per l'ammostamento o impiegato per il filtraggio. Sulla costa orientale e a Fårö il ginepro invece è andato in disuso.
  • L'uso del luppolo è un po' vario, si va da 0.05 a 5.00 g/l. Ma mediamente si utilizza 1.0 g/l, dove ognuno coltiva il proprio luppolo e solo recentemente hanno iniziato a usare quello commerciale.
  • Storicamente i birrai di Gotland avevano il proprio lievito (kveik?) chiamato hemjäst (letteralmente "lievito di casa"), andato perso dopo gli anni '70. Oggi si usa prettamente lievito per pane, in particolare della marca Kronjäst.
Come detto precedentemente nella Svezia continentale la produzione di birre di fattorie è estinta da tempo, tra le poche ricette arrivateci, una risale al 1935. La Öxabäck Ale, prodotta nella zona dell'omonima città, a sud est di Göteborg [1].
  • In quella zona il malto veniva essiccato in dei forni simile a delle saune, affumicandolo con legno di ginepro. Ottenendo un malto scuro leggermente affumicato.
  • Per quanto riguarda il lievito, probabilmente si utilizzava qualcosa simile al kveik.
 
Landøl
Da come si è potuto capire le birre di fattoria sono tutt'ora ben diffuse in tutta la Scandinavia, infatti, non poteva mancare la Danimarca. Qui non ha un vero e proprio nome, ma in molti luoghi viene chiamata landøl, che significa "birra di campagna".
In passato veniva prodotto in tutta la penisola e le isole ed era una birra cruda fortemente affumicata, che variava molto di luogo in luogo e di conseguenza questo nome non può essere considerato quello per descrivere uno stile, ma più per raggruppare in generale la birra di fattoria danese [1].
Mappa di produzione del Landøl
Il landøl viene ancora prodotto nella parte orientale di Møn e nella parte settentrionale di Funen. Ma non si hanno notizie su come venga prodotto.
Un'altra birra molto comune prodotta in Danimarca era la grammeltøl, letteralmente "birra vecchia". Questo non era una vero e proprio stile, ma una variante delle comuni birre di fattoria. Si trattava di una versione, molto forte e molto luppolata, quindi adatta alla lunga conservazione; prodotta tra marzo e aprile, come le Märzen tedesche o le Bière de Garde francesi, per poter essere consumate in autunno [1].

Da come si può osservare sono birre molto differenti dalle solite birre europee, accomunate per l'onnipresenza del ginepro, dell'affumicato del malto essiccato in casa; ma molto variegate, ogni fattoria ne produce una propria, con il proprio lievito e a modo proprio.





Bibliografia
[1] Garshol, L., M.; Historical Brewing Techniques, Brewers Association, 2020
Sitologia
[a] https://www.garshol.priv.no/blog/366.html
[b] https://www.brewingnordic.com/farmhouse-ales/heimabrygg-vossaol-farmhouse-homebrews-western-norway/





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