Cosa succede se come frutta per una birra si usa l'uva? Dalla loro unione nasce la Grape Ale, anche se il vanto iniziale è tutto italiano con la IGA (Italian Grape Ale).
Scoprì questo connubio nel 2018, agli inizi della mia carriera da homebrewer, quando m'imbattei in un articolo dell'"Informatore Brassicolo" e ne rimasi affascinato, ibrido tra birra e vino, è una sotto categoria delle birre alla frutta che meglio si confà all'Italia.
Ma la nascita dell'IGA rimanda al 2006 quando un birrificio sardo, Barley, decise di arricchire la sua Imperial Stout con della sapa di Cannonau, vitigno tipico della regione, il quale prese il nome di BB10°. Questa fu il trampolino di lancio per tutta una serie di birre sue, come BB Evò (2009), una barley wine fatta con sapa di Nasco; BB9 (2012), un'amber ale arricchita con sapa di Malvasia; e BB Boom (2015), sempre amber ale, ma con sapa di Vermentino. Che nel tempo si sempre aggiunte tante altre, le quali ormai sono un marchio di fabbrica di questo birrificio.
L'onda dell'IGA fu subito cavalcata da diversi altri birrifici, infatti, abbiamo nel 2010 "L'equilibrista" di Birra del borgo, dove ad una birra di loro produzione (Duchessa, una saison fatta con il farro) è stato aggiunto fino al 50% mosto di Sangiovese. Poi nel 2013 il birrificio Limes, creò Brùton, un'IGA dalla carbonatazione spumantina fatta con mosto di Vermentino. E insieme a loro tanti altri birrifici.
Questo stile ebbe così successo che nel 2015 venne riconosciuto e inserito nel BJCP, nella sezione 29, quella delle birre alla frutta. Un bel vanto tutto italiano, se non fosse che anche gli altri stati produttori di viti (e vino) ne reclamarono lo stile e nel 2021 quel posto è stato preso dallo stile Grape Ale, con il codice 29D, sempre della categoria delle Fruit Bier. Andando ad eclissare un po' lo stile IGA, alla quale è stata assegnato un nuovo codice X3, nella sezione degli stili locali.
Birra base
- il migliore stile al fine di equilibrare il corpo è quello di una birra di frumento, ma se si vuole ottenere qualcosa di secco che emuli un po' uno spumante vanno bene stili come pilsner o saison. Quindi si andranno ad impiegare malti base chiari, con al massimo l'aggiunta di qualche malto caramellato per far sentire un po' l'aroma maltato, soprattutto se vi vanno ad impiegare uve a bacca bianca. Infatti, con quelle a bacca nera, si può osare di più, come accentuare il colore con malti base più scuri (vienna e monaco) o qualche malto più tostato. Sempre facendo attenzione a non coprire troppo il contributo dell'uva. In aggiunta si possono usare altri cereali come frumento o farro, maltati o crudi, al fine di dare corpo alla birra;
- la luppolatura non deve essere invasiva soprattutto nel caso in cui s'impiegano uve bianche, quindi è preferibile usare luppoli nobili, con note floreali o terrosi e non citriche, in modo da accompagnare quelle dell'uva senza coprirle. Come pure l'amarezza va bene non superare rapporti BU:GU di 0.5;
- il lievito da impiegare, come con le birre alla frutta, deve essere neutro o leggermente fruttato. In questi casi possono anche utilizzare lieviti enologici, visto che si ha a che fare con dell'uva. Oppure sfruttare quelli naturalmente presenti sulla buccia, andando così ad avere un prodotto a fermentazione spontanea, ma che necessita di maggiori cure ed accortezze, spesso questa tende ad essere chiamata Wild IGA o Sour IGA, per via delle caratteristiche brett ed acide della fermentazione spontanea. Per chi non è pratico con questa fermentazione, può impiegare lieviti brett, per dare un po' di funky e accentuare il lato vinoso di questo stile.
Uva
- quale uva usare? Prima cosa da sceglie è il vitigno che si vuole impiegare, anche se visto che ogni regione ne vanta uno tipico di essa, si può partire da essa;
- come aggiungerla? Qua si che ci si può sbizzarrire. Si può partire da uva al naturale o pigiata intera, proprio come con il vino, ed avere il massimo del suo contributo. Oppure si può usare il mosto come: il mosto muto, mosto appena pigiato il quale non ha ancora fermentato o che ne è stata bloccata la fermentazione; mosto fermentato, mosto che ha subito la completa o parziale fermentazione con o senza le bucce e che quindi si porta con se la componente selvatica; e il mosto cotto, cioè mosto muto che ha subito un trattamento di concentrazione fino a ridurlo a 1/3 del volume iniziale, in pratica è uno sciroppo d'uva, ottimo per arricchire stili molto alcolici. Un'altra forma che si può impiegare è quella delle bucce pigiate, in questo modo il si ha solo un contributi aromatico/fenolico e del colore da parte dell'uva. Infine, ci c'è l'uva appassita, un uva che ha subito un processo di essiccamento al fine di alzare il suo grado zuccherino e ottenere un vino più forte, da usare intera o solo il mosto derivatone;
- quando aggiungerla? Come sempre il miglior momento è a fine fermentazione oppure prima di essere imbottigliata, se si usa il mosto. Ma ad inizio fermentazione va anche bene, in modo da abbreviare i tempi di fermentazione. Qua si può fare l'aggiunta a fine bollitura in modo da avere l'occasione di pastorizzare il tutto. Poi sta a noi se si vuole condurre una fermentazione selvatica o addirittura spontanea;
- quanta aggiungerne? Come sempre la regola massima e di non superare il 50% dei fermentabili, infatti, molti produttori impiegano fino ad un massimo del 40% di mosto aggiunto. Mentre di uva intera, come sempre una buona base di partenza sono i soliti 100 - 200g/l, sta tutto al birrario constatare il contributo dell'uva per calibrarne le aggiunte.
Nessun commento:
Posta un commento