domenica 18 febbraio 2024

Gerstebier & co.

Come visto in precedenza le birre vengono distinte in base alla fermentazione, e che di base sono fatte con malto d'orzo. Ma si possono categorizzare anche in base ai tipi di cereali utilizzati. Questo perché in base ad epoche storiche o al semplice luogo geografico, la birra la si faceva con il cereale più abbondante a disposizione. Basti pensare alle birre di fattoria belghe, nelle quali si addizionava frumento o farro, oppure in determinate zone della Germania dove si produceva molta segale e di conseguenza si aveva birra prodotto con questo cereale.


Gerstebier

Birra d'orzo. Quasi tutte le birre sono prodotte impiegando solo orzo maltato con o senza l'addizione orzo in fiocchi o tostato. Ne fanno parte di questa categoria le ales inglesi, blonde e forti belghe e le lager tedesche. Dove modulando la quantità di malti caramellati o tostati si possono ottenere diverse sfumature che vanno dal biondo al nero, passando per l'ambrato e il rosso.

L'orzo non ha un grande impatto olfattivo e gustativo sulla birra, in quanto fa da base per la stessa. Ma il grado di tostatura e la quantità d'orzo e malto tostato impiegato, apportano diverse sfumature di aroma. Come quello di miele, biscotti e frutta secca. Oppure come nelle porter e nelle stout che si ha un marcato aroma e sapore di caffè, esso è dato dall'impiego di malto od orzo torrefatto. Mentre l'orzo crudo o fiocchi, lo si impiega in piccole quantità per arricchire il corpo della birra.

Poi ad incidere vi è anche il tipo di lievito impiegato, quelli a bassa fermentazione impiegati nelle lager conducono una fermentazione piuttosto pulita, priva si off-flavor. Mentre quelli ad alta fermentazione,  possono restituire aromi fruttati o speziati.


Weizenbier

Birra di frumento. Stile prettamente tedesco e belga, con alcune eccezioni in America. Prevede l'impego di malto di frumento fino anche al 60% (weizen tedesche), o di frumento crudo fino al 50% (witbier  o blanche belghe), della miscela di grani. Anche se storicamente esisteva in Polonia una birra prodotta con il sono impiego di malto di frumento affumicato, la grätzer o grodziskie, stile andato perso durante la Seconda Guerra Mondiale e recentemente ripreso.

Il frumento ha un notevole impatto sia sul gusto che sull'aroma della birra. Infatti, in alcuni stili se ne utilizza una piccola aggiunta per aumentare il corpo o donare aromi speziati e fenolici. Infatti, sia nelle weizen tedesche che nelle wit belghe, il primo impatto è quello di presentare un'aroma speziato di chiodi di garofano, maggiormente accentuate dagli appositi lieviti utilizzati (POF+). Mentre il secondo impatto è un corpo marcato, accentuato da un maggiore apporto proteico e dalla presenza di betaglucani.

L'aroma speziato di queste birre, viene accompagnato ad esempio nelle wit da aromi citrici, dati dall'aggiunta in bollitura di coriandolo e scorza d'arancia. Mentre in Germania vi era la consuetudine di servire le weizen con una fetta di limone, pratica molto tediata dalla comunità brassicola e utilizzato in passato prettamente per coprire off-flavor

Mentre in aggiunta devo far chiarezza su alcuni sinonimi. Le weizenbier vengono comunemente anche chiamate weissbier, cioè birre chiare. Questo perché in passato la maggior parte delle birre di frumento, venivano prodotte con l'utilizzo di malto essiccato al sole (blassesmalz o windmalz) e quindi non tostato, che andava a creare birre di colore biondo chiarissimo. Di conseguenza in quell'epoca rientravano nella categoria delle weissbier anche birre di solo orzo. Mentre si possono avere braunbier, birre scure, anche di frumento come la dunkel weizenbier. Per questo generalmente tendo a non parlare mai di weissbier e weizenbier come dello stesso stile.


Roggenbier

Birra di segale. Questa più che una categoria è uno stile, che è prettamente tedesco, e originario di particolari regioni della Germania la dove climaticamente era sfavorita la coltivazione di frumento a favore di quella della segale. In questo stile utilizza un massimo di malto di segale del 50%, e non si discosta molto delle weizenbier, con un apporto gustativo e olfattivo simile, soprattutto se utilizzati gli appositi lieviti. Ma la differenza sta in una maggiore setosità nel corpo data un contenuto maggiore di betaglucani, i quali possono essere debitamente modulati con uno pausa a 44° in ammostamento.

Altra caratteristica dello stile è l'utilizzo di malti caramellati, in modo da avere un birra ambrata o marrone. Mentre è poco consono l'utilizzo di spezie come il carvi, per associazione al tipico pane di segale.


Haferbier

Birra d'avena. Stile praticamente scomparso. Sempre originario della Germania, che prevede l'utilizzo di solo malto d'avena. Descritta come una birra a metà tra una wiezenbier (tedesca) e una berliner weiss. Dove quest'ultima oggi giorno è prodotta esclusivamente con malto d'orzo e di frumento; ma un tempo prevedeva anche l'utilizzo di malto di avena.

L'avena di per se viene utilizzata molto poco nella brassatura, ad esempio se ne utilizza cruda fino al 10% nelle witbier e ancor meno nelle oatmeal stout, solo per dare un po' di setosità al corpo della birra, visto l'elevato apporto di betaglucani.


Altri cereali

Si possono impiegare altri cereali nella produzione di birra, maltati o non. Come il mais utilizzato nelle birre commerciali tra il 20 e il 40%, per snellire il corpo e avere una maggiore resa di fermentabili. Anche se il mais, può essere maltato per avere delle maisbier, come la chicha.

Il riso può essere impiegato crudo allo stesso modo del mais, anzi è più favorito per un apporto più neutro. Mentre il sorgo e il miglio, sono storicamente utilizzati maltati per la produzione della ikigage in Africa.

E cerali come i farri (monococco, medio e spelta), possono essere utilizzati al pari del frumento, alla fine sono grani molto simili, ottenendo una birra molto simile alle weizen. Anzi bisogna aggiungere che storicamente, i Galli utilizzavano esclusivamente spelta per la loro birra, come pure i Celtiberi.

Alla fine, essendo la birra una bevanda alcolica a base di malto, quest'ultimo può essere ottenuto da qualsiasi cereale a nostra disposizione, a patto che sia maltato.






Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.

domenica 4 febbraio 2024

Il Fico secco e l'Uva passa - Parte prima

Tra gli ingredienti che si possono aggiungere ad una birra per caratterizzarla e fortificarla vi è la frutta essiccata come fichi secchi, uva passa e datteri. Ognuna di esse donerà alla nostra birra il suo caratteristico aroma oltre ad essere un enorme fonte di zuccheri fermentabili.
La prima cosa che c'è da chiedersi, è la quantità. Generalmente come dosi conviene partire dai 25.0 e 50.0g/l, che equivalgono intorno ai 100.0 - 200.0g/l di frutta fresca; mentre il limite massimo, è quello di non superare il 50.0% dei fermentabili, e sarebbe a dire tra lo 0.5 e il 1.0kg/l, tutto dipende dal grado zuccherino del mosto e dal contenuto zuccherino della frutta.
Essendo frutta disidratata, si andrà a parlare di un prodotto costituito per almeno il 70.0 o l'80.0% da zuccheri e il 10.0 o il 20.0% da acqua, ciò perché come il miele, il basso tenore di umidità e l'alta concentrazione di zuccheri permette di conservare il prodotto per un lungo periodo, non a caso la si produceva in estate/autunno per essere consuma durante l'inverno. Comunque per via di questo legame invernale con la frutta essiccata, l'ho voluta utilizzare per la produzione di una birra forte e corposa come le barley wine al fine di avere un prodotto che richiami questo periodo.



Un consiglio che vi voglio dare, generalmente nonostante questa tipologia di prodotto si possa definire che si conserva da se non è detto che non abbia conservanti aggiunti. Infatti, essendo questa, soggetta a muffe, molto spesso viene trattata con anidride solforosa (E220) e sorbati (E200 ed E202), i quali possono influenzare la fermentazione, rallentandola oppure generare aromi indesiderati.
Secondo consiglio, nonostante stiamo parlando di frutta e quindi essa è naturalmente ricoperta da uno strato ceroso, chiamato pruina; alcuni frutti essiccati, come l'uvetta, sono lucidati con olio di semi di lino o di girasoli, al fine di rendere il prodotto più accattivante. Questi olii nonostante siano presenti in piccole quantità possono influenzare la tenuta della schiuma nella birra, quindi fate attenzione e leggete le etichette.


Datteri

La palma da dattero (phoenix dactyfera L.) è una pianta forse originaria dell'Africa settentrionale, questo perché essendo la sua coltivazione molto antica questo dato non è certo. Comunque viene oggi coltivata in tutta l'Africa settentrionale, l'Asia minore e l'Arabia. 
I suoi frutti essiccati, chiamati appunto datteri, prendono nome dal greco daktylos che significa dito, vengono di solito consumati durante le festività pasquali, e sono composti per 90.0% da una polpa carnosa e il restante da un nocciolo legnoso; la polpa a sua volta è composta per il 77.0% da carboidrati, il 20.0% da acqua e il restante da proteine e fibre. I datteri presentano una consistenza cremosa e un sapore che ricordano molto quello del miele.


Per testare il contributo di questo frutto nella birra, sono andato a fare una piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale sono andato ad aggiungere a fine bollitura 250.0g di datteri snocciolati e sminuzzati (in questo caso dei deglet nour), i quali sono rimasti nel mosto per tutta la fermentazione.
Non potendo misurare appieno il loro contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 22.1Br e a fine fermentazione avevo 13.0Br, con un attenuazione apparente del 53.8% abbastanza tipica del Fermentis S-04 utilizzato e un grado alcolico di 8.5ABV.

Parallelamente sono andato a fare un'altra piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale ho aggiunto a fine bollitura 250.0g di questi datteri medjoul snocciolati e sminuzzati, i quali sono rimasti nel mosto per tutta la fermentazione.
Non potendo misurare appieno il loro contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 22.1Br e a fine fermentazione avevo 13.0Br, con un attenuazione apparente del 53.8% abbastanza tipica del Fermentis S-04 utilizzato e un grado alcolico di 8.5ABV.

Carrube

Il carrubo (ceratonia siliqua L.) è una pianta leguminosa spontanea del Mediterraneo, la quale produce dei frutti chiamati appunto le carrube, baccelli coriacei di colore marrone, che secondo una leggenda di origine greca, questi sono nati da un corno colpito da un fulmine, infatti, il nome greco è keratonia,  presenta influenze con la parola corno keras, che con la parola fulmine keraunos.
All'interno dei baccelli sono presenti dei semi durissimi. Questi un tempo venivano utilizzati nell'oreficeria come unità di misura, per via del fatto che avevano tutti lo stesso peso, 0.2g. Infatti, il seme di carrubo in arabo si chiama qirat da cui deriva la parola carato.
Le fave di carruba prive di semi sono composte per il 50.0% da carboidrati, il 20.0% da fibre, il 10.0% da acqua e il restante da proteine ed altri elementi. Presentano un piacevole aroma di frutta secca e cacao, e un sapore dolce che ricorda il miele.

Per testare il contributo di questo frutto nella birra, sono andato a fare una piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale sono andato ad aggiungere a fine bollitura 250.0g di carrube spezzettate, le quali sono rimaste nel mosto per tutta la fermentazione.
Non potendo misurare appieno il loro contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 21.7Br e a fine fermentazione 13.0Br, con un attenuazione apparente del 50.7% tipica del Fermentis S-04 utilizzato, e un grado alcolico di 8.0ABV.

Fichi

Il fico (ficus carica L.) è una pianta appartenente alle moraceae, stessa famiglia del gelso, ed è l'unico genere a crescere e prosperare in un clima temperato. La pianta è originaria dell'Asia minore, la cui coltivazione, in età classica, si è diffusa in tutto il Mediterraneo.
L'omonimo frutto fresco è l'icona dell'estate, ma quello essiccato un tempo dominava l'inverno, tant'è che oggi giorno lo si vede solo durante le festività natalizie. Esso è composto dal 58.0% da carboidrati (di cui 66.0% zuccheri semplici), 30.0% da acqua, 13.0% fibre e il restante proteine e altro.


Per testare il contributo di questo frutto nella birra, sono andato a fare una piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale sono andato ad aggiungere a fine bollitura 250.0g di fichi secchi sminuzzati, i quali sono rimasti nel mosto per tutta la fermentazione.
Non potendo misurare appieno il loro contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 21.4Br e a fine fermentazione avevo 13.0Br, con un attenuazione apparente del 49.3% tipica del Fermentis S-04 utilizzato, e un grado alcolico di 7.8ABV.


Prugne

Benché quando si parla di prugne s'intendono quelle secche, chiamando il frutto fresco susina, si commette uno sbaglio. La prugna è il frutto prodotto dal prugno (prunus domestica L.), albero appartenete alle rosaceae e quindi parente di rose, meli, e ciliegi; originaria dell'Asia minore fu  inizialmente introdotta nel Mediterraneo dai Romani e successivamente diffusa in tutta Europa dai Crociati. 
Di conseguenza ci tengo ad aggiungere che per susina si parla del frutto prodotto dal susino o susino cino-giapponese (prunus salicina Lindl), originario dell'Asia orientale. Il frutto del susino generalmente si presenta di forma tondeggiante e di colore che varia dal rosso/blu al giallo/verde, con una polpa succosa che difficilmente si stacca dal nocciolo interno. In contrapposizione alla prugna prodotta dal prugno o susino europeo, di forma allungata, con una polpa gialla e carnosa che si stacca facilmente dal nocciolo. 
Comunque la prugna secca come il dattero presenta al suo interni un nocciolo legnoso allungato che costituisce il 12.0% del frutto. Mentre la polpa è costituita dal 62.5% da carboidrati (38.0% zuccheri semplici), 33.3% da acqua e il restante da fibre e proteine.

Per testare il contributo di questo frutto nella birra, sono andato a fare una piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale sono andato ad aggiungere a fine bollitura 250.0g di prugne snocciolate e sminuzzate, le quali sono rimaste nel mosto per tutta la fermentazione.
Non potendo misurare appieno il loro contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 21.1Br e a fine fermentazione avevo 12.0Br, con un attenuazione apparente del 55.9% tipica del Fermentis S-04 utilizzato, e un grado alcolico di 8.7ABV.

Uva passa

Tra la frutta secca più utilizzata per i dolci vi è l'uva passa o uvetta, frutto disidrata della vite (vitis vinifera L.), pianta originaria dell'Asia minore e diffusa dai Romani in tutto il Mediterraneo, anche se oggi viene coltivata in tutto il mondo la dove si presenta un clima di tipo mediterraneo.
Tra le uve passe o passite più conosciute al mondo vi sono quella di corinto e quella sultanina, rispettivamente uvetta nera e bianca, utilizzate molto perché apirene, quindi naturalmente prive di semi. Ma per la produzione di uvetta si possono usare varietà da tavola con pochi semi come lo zibibbo.
L'uvetta è solitamente costituita per il 79.5% da carboidrati, il 15.0% da acqua e il restante da fibre e proteine. 

Per testare il contributo di questo frutto nella birra, sono andato a fare una piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale sono andato ad aggiungere a fine bollitura 250.0g di uva di corinto, la quale è rimasta nel mosto per tutta la fermentazione. Anche se quella che sono riuscito a trovare conteneva solo il 69.0% di zuccheri semplici ed un umidità del 24.0%.
Non potendo misurare appieno il suo contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 22.2Br e a fine fermentazione il valore ammontava a 13.0Br, con un attenuazione apparente del 54.5% tipica del Fermentis S-04 utilizzato, e un grado alcolico di 8.6ABV.


Mentre parallelamente sono andato a fare un'altra piccola cotta di barley wine, 5.0l a 20.0Br, al quale ho aggiunto a fine bollitura 250.0g di uva sultanina, la quale è rimasta nel mosto per tutta la fermentazione. Anche questa 
conteneva solo il 69.0% di zuccheri semplici ed un umidità del 24.0%.
Non potendo misurare appieno il suo contenuto zuccherino, ho teorizzato pervio calcoli, che il mio mosto partiva da 22.2Br e a fine fermentazione il valore ammontava a 13.0Br, con un attenuazione apparente del 54.5% tipica del Fermentis S-04 utilizzato, e un grado alcolico di 8.6ABV. Senza deludere le aspettative.





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