domenica 23 luglio 2023

Kveik

Con l'arrivo dell'estate chi vuole produrre birra e non ha una camera refrigerata o un fermentatore coibentato, si deve piegare al volere della stagione e smettere di produrre finché le temperature non diventeranno più miti.

In soccorso a ciò, ci viene dall'estremo Nord, con furore, il kveik (si pronuncia k-vaike) un lievito casalingo utilizzato nei paesi scandinavi per la produzione della propria birra di fattoria, illustrato nella foto in basso [4]. Questa parola deriva dal un dialetto norvegese e significa lievito (dove il lievito comune è chiamato gjær),  essa deriva dal norreno kvikk che significa veloce, vigoroso; da questa radice deriva la parola inglese quick con il medesimo significato di veloce.

Questo lievito è costituito principalmente da una miscela dei saccharomyces cerevisiae, anche se esistono alcune varianti che contengono lieviti non-saccharomyces e lattobacilli. Mentre la sua peculiarità è la temperatura di inoculo, compresa tra i 35 e 40°C, e spiega perché si adatti bene a farlo lavora in piena estate. Un altro punto di vantaggio è la scarsa produzione di esteri e quindi un profilo aromatico piuttosto pulito, tra l'altro molte di queste colture sono POF-, quindi non producono fenoli, a differenza di molti dei nostri lieviti ad alta fermentazione. Nonostante ciò, in base al tipo kveik si possono avere profili aromatici di frutta tropicale, come mango e ananas, o citrici, come limone e arancia, o maltati.  Infine, essi presentano un'attenuazione apparente del 75 - 85% e possono tollerare livelli di etanolo tra il 13 e il 16% vol.


Come detto precedentemente il kveik è utilizzato per la produzione di birre di fattoria, chiamate Gårdsøl, dove il termine gårds significa fattoria, mentre øl significa birra e ha la stessa radice ale, queste birre sono pure conosciute con il nome di Maltøl, cioè birra di malto [2]. Il loro processo di produzione può variare di zona in zona, come pure il lievito può cambiare da una fattoria all'altra. Infatti, ognuna di esse ha la propria miscela di fermenti, tramandata di generazione in generazione, ma può avvenire che il proprio kveik sia simile a quello della fattoria limitrofa, poiché in un passato non tanto remoto non si riusciva a far rinvenire la coltura o magari era andata a male, quindi lo si condivideva con qualche fattoria vicina, proprio come faceva una volta con il lievito madre per il pane.

Immagino che ora vi starete chiedendo come veniva conservato il kveik per poter essere utilizzato di anno in anno; semplicemente viene essiccato, su appositi supporti di legno debitamente lavorati per accumulare il fondo di fermentazione. Questi supporti prendono il nome di kveikstokk, e possono avere diverse forme da quella più classica e complessa ad anello di lamine di legno come sopra [3] a quella di semplice a bastone lavorato o forato, come sotto [3]


Il kveik viene principalmente utilizzato nella Norvegia occidentale, e le colture prendono nome dalle fattorie o dalle città da dove provengono come Framgarden o Voss. Questi sono i kveik più facili da reperire sia in forma di coltura pura commercializzata dalle più note case produttrici di lievito, che da coltivatori privati. Esistono altri colture autoctone o landrace in inglese che sono simili al kveik, ma non vengono definiti tali, sono le colture miste provenienti dalla Norvegia orientale conosciuti con il nomi Gong e Berm, dai paesi baltici come Lituania e Lettonia, oppure dalla Ciuvascia, repubblica appartenente alla Confederazione Russa [5].

Geneticamente parlando i saccaromyces cerevisiae che compongono i kveik appartengono a un sottogruppo (aplotipo 1) dei lieviti beer 1 (studio Gillons/White Labs 2016), a questo appartengono i sottogruppi dei comuni lieviti europei come quello belga/tedesco, quello britannico e statunitense. Altra peculiarità genetica sta nel fatto che questi non presentano il gene STA1, responsabile dell'attività diastatica, presente nel gruppo di lieviti beer 2.

Simile al primo sottogruppo ma geneticamente differente ve n'è un secondo (aplotipo 2), il quale non differisce nella fermentazione.







Bibliografia

[1] https://escarpmentlabs.com/blogs/resources/using-norwegian-kveik-old-yeast-new-tricks

[2] http://homebrewingcondor.blogspot.com/2018/08/conservare-il-kveik-su-legno-kveikstokk.html

[3] https://www.brewer-world.com/lalbrew-voss-kveik-a-deep-dive-into-the-history-of-the-ancient-kveik-yeast-strain/

[4] https://www.garshol.priv.no/blog/393.html

[5] https://www.milkthefunk.com/wiki/Landrace_Yeast






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domenica 9 luglio 2023

Fermentazione citrica

La fermentazione citrica è un tipo di fermentazione sfruttata da funghi inferiori come l'aspergillus niger o l'aspergillus oryzae, per la conversione di carboidrati in acido citrico. Infatti, il primo fungo viene impiegato nell'industria per la produzione del suddetto acido, mentre il secondo, che ricordo essere il koji, sfrutta questa fermentazione per inacidire il substrato ed evitare la proliferazione di altri microrganismi con cui competere.

La fermentazione del genere aspergillus può essere divisa in due fasi. Quella iniziale, di crescita dove si producono piccole quantità di acido citrico e dove gli zuccheri del substrato sono utilizzati per la crescita del micelio. Mentre la seconda fase vede una crescita lenta del micelio e un'elevata produzione di acido citrico, per il quale si utilizza il 70% dei zuccheri disponibili [2].

Da come si può osservare nell'immagine accanto [1], questa è una via metabolica atta soltanto alla produzione di acido citrico, e si basa su un ciclo dell'acido citrico (o Krebs) incompleto.
Infatti, il genere aspergillus ricava energia dal substrato per respirazione aerobica, non fermenta. 
Dunque l'intero processo si può riassumere con la seguente equazione:

Glucosio + 3NAD+ + ATP + Pi =>
Citrato + 3NADH-H+ + ATP
 

Dove si parte dalla solita glicolisi per la produzione di acido piruvico. Una delle due molecole prodotte viene carbossilata per avere acido ossalacetico, mentre l'altra viene decarbossilata e unita al precedente acido per avere quello citrico.

Come detto precedentemente la produzione di acido citrico da parte del genere aspergillus è puramente per favorire la sua crescita e inibire quella di specie competitive. E nel 1917 il chimico alimentare James Currie notò che alcuni ceppi di a. niger erano in grado di sintetizzare quantità di acido citrico maggiori rispetto ad altri, fu così che si iniziò a produrlo a livello industriale (con questi ceppi) partendo da substrati di carboidrati come liquore e amido di mais e melassa. Ma ho voluto inserire questa fermentazione solo per completezza visto che viene impiegata anche dall'a. oryzae o koji, il quale però ne produce in quantità limitare rispetto i ceppi di a. niger, ma assolvono bene al loro lavoro.






Bibliografia

[1] Max, B., Salgado, J. M., Rodríguez, N., Cortés, S., Converti, A., Domínguez, J. M., Biotechnological production of citric acid, Review, Braz. J. Microbiol. 41 (4), Dec 2010;

[2] Shu, P., Johnoson, M. J., Citric Acid - Production by Submerged Fermentation with Aspergillus niger, Ind. Eng. Chem. 1948, 40, 7, 1202–1205;






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