domenica 22 gennaio 2023

Nixtamalizzazione

L'interesse per la nitamalizzazione nacque seguendo il canale Youtube del prof. Dario Bressanini  con il video "MANGIAMO CALCE? É pericoloso il trattamento che subiscono alcuni cibi? La Nixtamalizzazione.", e da suo grande fan, dedico il seguente post.


Le origini

La nixtamalizzazione è il processo di produzione del nixtamal o nixtamali, parola nahuatl (antica lingua azteca) che deriva da nezhtamal, composta da: nezh = polvere di calce e tamal = mais cotto; quindi mais cotto con la calce [3]. Da aggiungere che il nixtamal è conosciuto negli USA con il nome di hominy, parola powathan (lingua dei nativi originari dell'odierna Virginia) che significa mais macinato. 

Ma perché cuocere il mais con la calce?
Un'alimentazione a base di mais non è molto salutare, ciò lo testimoniano i ceti poveri norditaliani della metà del settecento. Questi si nutrivano quasi esclusivamente di polente a base di farina di mais, visto che era tra i cereali con la più alta resa in granella, e al contempo questa fascia di popolazione si ammalò di pellagra; una malattia identificata clinicamente con le tre "D": dermatite, demenza e diarrea;  questa era causata dalla mancanza di Niacina o Vitamina B3. Ma inizialmente non lo si sapeva, però si dava la colpa al mais tardivo, che permetteva una seconda raccolta e che era soggetto a malattie crittogamiche; fu solo nel 1937 che si scoprì la correlazione della malattia alla mancanza di questa vitamina ed essendone anche la cura fu battezzata Vitamina PP (Pellagra Preventis).

Viene da porsi una seconda domanda, le popolazioni mesoamericane, il cui mais ricopriva circa l'80% della loro alimentazione, perché non si ammalavano a loro volta di pellagra?
Bisogna dire che queste popolazioni solevano bollire il mais in acqua di calce per renderlo più facile da macinare a mano. Usanza che non fu introdotta in Europa insieme al cereale nel cinquecento, poiché gli europei non dovevano macinarlo a mano visto che avevano i loro possenti mulini. L'ironia della sorte è che il mais contiene dosi generose di niacina, 3.6mg su 100.0g, che però è legata all'emicellulosa del grano e non può essere assimilato dal copro umano. 
Ma cuocendo il mais in acqua alcalina, si rompe il legame che tiene imbrigliata la niacina e la si rende biodisponibile. Oltre a questo beneficio, la nixtamalizzazione, permette di rimuovere più facilmente la cuticola esterna del grano, una migliore conservabilità del cereale, poiché i grassi contenuti nel germe vengono saponificati, arricchire il grano di calcio e soprattutto eliminare il 97% delle micotossine derivate dalle muffe che si sviluppano sulle spighe. Quindi per le popolazioni mesoamericane questo processo non era un semplice "rituale" di preparazione del mais, ma lo rendeva più sano e ricco dal punto di vista nutrizionale.


Processo di produzione

La ricetta per la sua produzione prevede: 3.0l di acqua e 10.0g di calce spenta per chilogrammo di mais [2]; generalmente, la calce spenta o idrossido di calcio viene ricavata dalla pietra calcarea calcinata idratata al momento. Successivamente questa la si fa sciogliere nell'acqua a poco a poco per evitare di avere grumi o di introdurre nell'acqua materiale grossolano.
Portata a ebollizione l'acqua di calce, si unisce il mais e lo si lascia cuocere per 25 - 30 min, dipende dalla grandezza del grano e dalla varietà; mentre per quanto riguarda la cottura va aggiunto che vi sono diverse scuole di pensiero, c'è chi lo fa leggermente sobbollire e chi lo fa bollire, l'importante è che la temperatura di cottura sia al di sopra degli 80°C. 
Poi per capire quando il mais è pronto si preleva un chicco, se il tegumento viene via molto facilmente e il cuore è ancora sodo, allora la cottura ultimata. Da qui si spegne il fuoco e si lasciano i grani a macerare nella soluzione alcalina per 6 - 12 ore, solitamente una notte, in modo che possano assorbire il liquido. All'indomani, si scola il nixtamal e lo si sciacqua.

Il brodo di cottura risultante prende il nome di nejayote, liquido ricco di cellulosa solubilizzata, utile nella produzione di carta; mentre il nostro nixtamal può avere tre destini: 
  • essere macinato a secco, previa una veloce asciugatura, per avere la maseca (farina) per la produzione di tamales;
  • essere macinato a umido per avere la masa (impasto) per la produzione di tortilias;
  • essere bollito, previa completa rimozione del tegumento esterno, per la produzione di pozole.

I tre derivati del nixtamal, immagine presa dal sito Cocina & Comparte [1].


Il mio nixtamal

Quindi, la nixtamalizzazione è un trattamento termico del mais in acqua di calce, soluzione satura di idrossido di calcio con un pH di 12.5, ambiente abbastanza basico e tendenzialmente caustico. Di seguito vi illustrerò la mia esperienza con la nixtramalizzazione del mais autoprodotto, per il quale sono andato ad utilizzare:

  3.0l    di acqua;
  1.0kg di mais;
10.0g   di calce alimentare.

Il mais utilizzato è mais arancione (in alto a sinistra), ed è da notare il suo scurimento (in alto al centro) subito dopo essere entrato a contatto con la soluzione alcalina, mentre dopo mezz'ora di cottura si è schiarito, diventando di un giallo acceso (in alto a destra), per via della perdita del tegumento. Come detto il mio mais dopo 30 minuti si presentava nixtamalizzato, la cuticola veniva via facilmente mentre l'interno rimaneva sodo. Da qui è stato tolto dal fuoco e lasciato in ammollo nella sua acqua di cottura per 12 ore. 





Il nixtamal può rimanere in ammollo anche giorni grazie all'azione conservante della soluzione alcalina, oltre al fatto che dopo 6 ore il chicco sarà saturo della soluzione e non si altererà ulteriormente. Comunque il mio nixtamal dopo una notte di riposo, l'ho privato del tegumento esterno, sfregando i semi tra le mani e lavandolo per eliminare la soluzione creatasi. Il prodotto finale si presentava come un chicco di mais viscido all'esterno e con la parte interna soda, non gelatinizzata.


La tliconixtamalizzazione

Tradizionalmente per la nixtamalizzazione si utilizza la calce, ma un'alternativa è quella di utilizzare la cenere; da tenere a presente che in nahuatl quest'ultima si chiama tleconezh (tleco = fuoco, quindi calce di fuoco) [3] e per questo al massimo dovrei parlare tliconixtamalizzazione. Comunque caso curioso è che negli States lo hominy prodotto dai nativi vede come agente alcalino la cenere e la ricetta prevede una tazza di cenere (0.148kg) per ogni tazza di mais (0.450kg) in un quarto d'acqua (0.950l); seguendo questa ricetta mi sono ritrovato con il mais nixtamalizzato in meno di 15min, e se non fosse stato tolto subito dal fuoco si sarebbe cotto (gelatinizzato) in altrettanto tempo; oltre al fatto che dopo l'ammollo di 12 ore il nixtamal risultate era privo di germe, poiché talmente denatura da staccarsi dal seme. Quindi per avere una processo con una tempistica "tradizionale" sono andato a creare una ricetta più consona, aggiungendo la cenere a poco a poco alla soluzione per raggiungere il valore di pH di 12.5 come con la calce idrata, e la ricetta finale è:

   3.0l    di acqua:
   1.0kg di mais;
150.0g   di cenere (setacciata).


Mais rosso crudo
Mais a 5min con calce
Mais a 5min con cenere












Ho utilizzato del mais rosso, acquistato al mulino, poiché avevo finito quello arancione autoprodotto, e per poter avere un confronto più marcato, ho prodotto parallelamente del nixtamal con la calce con lo stesso mais. In entrambi i casi, il mais dopo pochi minuti dall'essere entrato a contatto con le soluzioni alcaline si è scurito, passando dal rosso/rosso-scuro al marrone, questa è data da una semplice reazione di Maillard, infatti, se andreste a nixtamalizzare del mais bianco esso diventerebbe giallo vivo, mentre il mais morada o azul, di colore blu scuro quasi nero, non cambierà colore.
Mais a 45min con calce
Mais a 45min con cenere

In entrambi i casi il mais ha impiegato 45min affinché si potesse rimuovere facilmente tegumento esterno. Da qui ho tolto la pentola dal fuoco e ho lasciato riposare il nixtamal per 12 ore. L'impressione che ho avuto del prodotto a fine cottura, è che quello derivato dal trattamento con calce presenta il suo caratteristico odore dato da quest'ultima, molto pulito e piacevole. Mentre quello prodotto dalla cenere, ha un odore simile, ma più terroso.



Nixtamal con calce
Nixtamal con cenere
Comunque dopo 12 ore di ammollo e un veloce lavaggio, i mais sono indistinguibili, si presentano uguali nel sapore e nell'odore. Ciò dimostra che la cenere se ben dosata può essere un valido sostituto della calce. Certo la differenza sostanziale sta nel fatto che il primo è arricchito con calcio, mentre il secondo con potassio e sodio; ma questo poi è tutto questione di gusti.
Come pure in sostituzione alla calce idrata si può utilizzare una soluzione contenente 1.25g/l d'idrossido di sodio (soda caustica) oppure 1.77g/l d'idrossido di potassio (potassa caustica). Oppure ancora percolare la soluzione di acqua e cenere per avere un liquido più pulito o mettere la cenere in un sacchetto a mo' di tè. In ogni caso si parla di maneggiare soluzioni tendenzialmente caustiche e quindi raccomando di maneggiare con cura.









Biobliografia

[1] https://cocinaycomparte.com/recipes/nixtamal-para-tortillas-tamales-y-pozole

[2] https://cookingissues.com/2011/03/09/mesoamerican-miracle-megapost-tortillas-and-nixtamalization/

[3] https://www.youtube.com/watch?v=e5CELxbbP-8&ab_channel=CocinandoconLauren





Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.

domenica 8 gennaio 2023

Selezione lieviti del '22

Dopo aver sperimentato la fermentazione spontanea in tutte le sue forme, raccogliendo lieviti in tutte la quattro stagioni, è giunta l'ora di selezionare monocolture e pluricolture di lieviti per la mia attività brassicola. Questo perché vorrei produrre delle birre in stile saison o ale, più pulite senza la presenza del funky dato da lieviti non-saccharomyces selvatici.

Durante tutto l'anno ho tenuto in vita i blend stagionali, conservandoli in frigo e rinfrescandoli di volta in volta con mosto fresco. Nonostante tutto siccome siamo in primavera, con temperature ottimali per la coltivazione di lieviti, ho utilizzato anche del blend fresco primaverile.

Armato così di lieviti ed attrezzatura da laboratorio nel mese di aprile iniziai la selezione.

Preparai 500.0ml di terreno di coltura composto da mosto luppolato a 10.0°Br e 10IBU e 4.0g di agar agar, il tutto autoclavato a 121.0°C per 20 minuti. Le piastre di petri, le provette e i puntali della micropipetta furono pure autoclavati come il terreno.

Blend invernale

Primo ad essere stato sottoposto alla selezione è il blend invernale, cioè quello relativamente più fresco, raccolto a cavallo tra '21 e '22. Riportando in sospensione il lievito e stimando che la quantità di cellule vive ammontasse intorno 10^8 ufc/ml, ne feci sei piastrature. Tre inoculate 1000 ul a con una diluizione 1:10^7 ed altre tre sempre con 1000 ul con una diluizione di 1:10^8.

Dopo 48 ore sulle prime piastre contai tra le 5 e 6 colonie, mentre sulle secondo tra le 2 e le 3 colonie. Di conseguenza le mie stime erano sbagliate in quanto il mio blend aveva intorno alle 5x10^7 ufc/ml; in compenso raccolsi una colonia per piastra andando a selezionare le mie sei monocolture di lievito invernale.

Blend primaverile


L'altro blend sottoposto alla selezione è quello primaverile, raccolto negli ultimi giorni. La procedura è stata identica a quella precedente. Solo che dopo 48 ore sulle piastre a diluizione 1:10^7 contavo tra le 13 e le 15 colonie, di conseguenza il mio blend presentava 1.4x10^8 ufc/ml, mentre le piastre a inoculate con una maggiore diluzione le restituirono una media di 2 colonie a piastra.

Delle prime raccolsi tre monocolture per piastra andando così a selezionare nove lieviti primaverili.

Epilogo

Tutti i lieviti raccolti sono stati inoculati inizialmente in 10.0ml di mosto luppolato a 10.0°Br, successivamente dopo 48 ore in 100.0ml di mosto luppolato a 12.0°Br. Dopo 24 ore metà di esso è stato inoculato 500.0ml di mosto luppolato a 12.0°Br e il resto conservato.

Infine, questi lieviti sono stati inoculati delle "mini cotte", che consistevano il cotte da 24.0l divise in cinque fiaschi di volume complessivo da 5.0l, riempiti con 4.8l di mosto a 12.0°Br e 20IBU, fatto con metà malto pilsner e metà frumento crudo. Ciò affinché potessi identificare lieviti POF+.

Il risultato finale è stato che i lieviti invernali presentavano un profilo fenolico più basso di quelli primaverili, quindi adatti alla produzione di ale mentre quelli primaverili più adatti alle wit. Tutti con un attenuazione apparente media del 70.0% e fortemente flocculanti.

Blend estivo

Successivamente con l'arrivo dell'estate avviai la raccolta di lieviti dalla frutta. Nella terza decade di giugno raccolsi il blend etichettato come L1.1 ed L1.2; il primo mettendo in infusione 300.0g di susine giugniche in 800.0ml di mosto a 12.0°Br e 20IBU, mentre il secondo consisteva di 800.0ml di mosto, con le stesse caratteristiche del precedente, lasciato per 10 ore appeso ad un ramo della stessa susina da cui sono stati raccolti i frutti per L1.1.

Susina giugnica, con L1.1
Susina agostina













Sorte simile avvenne ad agosto per i lieviti L2, L3 e L4. Il primo fu raccolto mettendo in infusione in 200.0ml di mosto a 12.0°Br e 20IBU, 80.0g circa di susine agostine; il secondo invece con dei fichi, mentre il terzo con dei ficodindia. 

Sopra di possono osservare due dei blend in infusione con i frutti prelevati in giro, mentre a destra, la maestosità del fico bianco dal quale arriva L3. L2 ed L4 si trovano in orti situati a circa 1.0Km dalla mia abitazione e altrettanto distanti tra loro, mentre L3 a 200.0m da L2. Molto probabilmente, riclassificherò L2 ed L3 come, L2.1 ed L2.2; mentre L4 come L3.

 

Inizia con la selezione dei primi lieviti, tentai di farli cresce su un terreno tinto con del blu di bromotimolo, ma per fare ciò dovetti abbassare il pH del mosto utilizzato da 5.6 a 7.0. Utilizzai questo indicatore per poter distinguer lieviti saccharomyces da quelli non, basandomi sul fatto che in condizioni aerate producono elevate quantità di acido acetico. I risultati furono molto deludenti in quanto non crebbe nulla.

Il secondo tentativo fu di utilizzare un semplice terreno composto da 500.0ml di mosto a 10.0°Br e 10IBU, con l'aggiunta di 8.0g di agar agar, il tutto autoclavato per 20 minuti. Andai a così a fare sei piastratura per il blend L1.1, tre inoculate con 100ul con diluizione 1:10^6 e tre inoculate con 100ul ma con diluizione 1:10^7. Lo stesso feci con L1.2.

Anche con il secondo tentativo fu un insuccesso, molto probabilmente avrei dovuto rinfrescare i lieviti molto più spesso di quanto ho fatto, in quanto si sono sviluppate sporadicamente qualche colonia qua e la. Con l'anno nuovo ritenterò.






Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.