Chiunque abbia avuto contatti con la cultura nipponica, non può non conoscere il saké, vino di riso "parente" della birra. Ma questo vino non viene prodotto attraverso la maltazione del cereale come si fa in occidente, bensì utilizzando una muffa addomesticata.
Questa viene chiamata "koji" in giapponese (ideogramma a sinistra) ed è un fermento a stato solido, in quanto prolifera su substrati solidi ricchi di amidi e proteine, come il riso cotto a vapore o la soia bollita. La sua particolarità sta nel fatto di essere in grado di produce un enorme quantità di enzimi necessari alla digestione del substrato, come proteasi e amilasi, permettendo una maltazione del cereale senza la necessità di farlo germogliare.Il nome scientifico di questa muffa è Aspergillus oryzae. Gli Aspergilli sono muffe cosmopolite, cioè si possono trovare in tutto il mondo, come l'A. niger, presente negli edifici umidi e utilizzato in campo industriale per la sintesi di enzimi e di acido citrico; oppure l'A. flavus, che cresce sui cereali o la paglia umida, producendo aflotossine, pericolose per l'uomo e gli animali.
Di recente sono stati comparati i genomi dei vari Aspergillus, risultando che l'A. flavius e l'A. oryzae condividono il 99.5% del genoma, facendo avanzare l'ipotesi che che la muffa del koji sia una mutazione detossificata dell'A.flavus nata con l'addomesticamento di questa [3].
La storia
L'origine del koji si ha con il "qu" o "chhu" (pronuncia ciuu, ideogramma a sinistra) e nasce in Cina nel III a.C., citato nel Zhouli (Il Libro dei Riti della dinastia Zhou). Veniva utilizzato principalmente per la produzione jiang/miso e la soia nera fermentata, infatti, non viene citato nella produzione di vino di cereali [2].Solo nel II d.C. nel Liji o Xiaodai Liji (Il Libro dei Riti) viene descritto il processo di produzione di un vino di cereali, fatto con miglio e koji di riso. Nello stesso periodo nel Shouwen Jiezi (Dizionario Analitico dei Caratteri) è descritta una variante dell'ideogramma (a destra) del qu composta dal radicale del bambù sormontato da quello del crisantemo, ciò facendo ipotizzare che il qu si sia originato da una cesta contente riso cotto al vapore, che raffreddandolo all'aria apersi "fiorì" come un crisantemo (formazione di muffe verdi-gialle) [1][2].Nel 544 d.C. il Qimin Yaoshu, contiene la descrizione della produzione del qu, descrivendone nove tipi, la maggior parte prodotti con il frumento, tranne uno prodotto con la setaria. Ciò mette in luce l'utilizzo attuale ideogramma, identico a quello giapponese, composto da quello del grano [2].Nel 725 d.C. il Harima no Kuni Fudoki, cita per la prima volta il koji al di fuori della Cina, in Giappone [2].
Infine, 1878 Mr Ahlburg descrive le spore di koji con il nome di Eurotium oryzae e nel 1883 la muffa fu battezzata Aspergillus oryzae [2].
Gli Aspegilli
Il nostro Aspergillus oryzae non è il solo protagonista nella produzione di vini di cereali e fermentati di soia, per questo dobbiamo parlare di diversi koji e di diversi Aspergilli.
- Aspergillus oryzae, chiamato "kikoji-kin", cioè koji giallo, utilizzato per la produzione di sakè e amazake [4].
- Aspergillus sojae, una mutazione albina dell'A. oryzae, utilizzato per la produzione di miso e salsa di soia. Avente una buona attività proteolitica [4].
- Aspergillus luchuensis var awamori, chiamato "kurokoji-kin", cioè koji nero, frutto dell'addomesticazione dell'A. niger e utilizzato per la produzione dei awamori, un distillato di riso fermentato con koji, prodotto a Okinawa. Avente una buona produzione di acido citrico [4].
- Aspergillus luchuensis var kawachii, chiamato "shirokoji-kin", cioè koji bianco, mutazione albina del precedente, nata nel 1923, viene utilizzato nella produzione di shochu, un distillato di cereali e/o patate, simile all'awamori se non per avere un gusto più dolce e rinfrescante. Questa muffa viene molto apprezzata soprattutto per un'elevata produzione di enzimi diastatici [4].
La produzione
La fermentazione del koji dura circa 50 ore, anche se nel caso dell'utilizzo di cereali come grano, orzo o riso integrale il processo può durare 60 ore [5].
- Si inizia con il "hikikomi", la stesura del riso cotto a vapore, per la sua acclimatura, nel "kojimuro", una stanza adibita alla sola produzione del koji, dove la temperatura e l'umidità viene mantenuta costante. Infatti, la muffa per proliferare ha bisogno di una temperatura tra i 32° e i 38°C e un'umidità relativa del 98%.
- Dopo 2 ore, si ha il "tanefuri", dove il riso cotto a vapore viene inoculato con le spore di aspergillus. Da qui si procede a mescolarlo e sistemarlo in una cassaforma per essere coperto.
- A 5 ore dall'inoculo, si procede con il "kirikaeschi", che prevede di sformare il riso e mescolarlo per una migliore omogeneità.
- Il giorno successivo a 20 ore dall'inoculo, avviene il "mori", con la sformatura del riso e la sua granatura. Da qui il futuro koji viene sistemato in apposite cassette di legno, "kojibuta" per mantenere umidità e temperatura costante.
- Infatti, dopo 28 dall'inoculo, si ha lo "tsumikae" dove le cassette vengono ruotate per regolare la temperatura.
- A 31 ore dall'inoculo, si ha il "nakashigoto" dove il koji nelle cassette viene mescolato in modo che non si raggrumi e non si surriscaldi, per l'attività feremntativa.
- A 35 ore dall'inoculo, si ha lo "shimaishigoto", ora il koji viene distribuito lungo la superficie della cassette per favorire l'evaporazione e il raffreddamento del koji.
- Infine a 50 ore dall'inoculo, si ha il "dekoji", dove il koji ormai pronto viene distribuito in delle scaffalature e posto all'esterno della kojimuro per raffreddarsi e seccare. Una volta seccati può essere utilizzato per la produzione di sakè
L'utilizzo
In genere il koji viene utilizzato al 20% del totale, poiché ha abbastanza enzimi per maltare il resto dei cereali. Questi devono essere cotti a vapore e poi mescolati con acqua in proporzione 1:2.5.
Il koji non viene infuso in acqua calda per l'ammostamento come con il malto, ma lasciato lavorare a temperatura ambiente facente da supporto al lievito per la diastasi. Mentre nella produzione dell'amazake, il koji viene aggiunto ad un porridge di riso e lasciato macerare per 5-6 ore tra 50° e 60°C, per essere utilizzato come base per dolci.
Il Koji è un evoluzione parallela al malto, ha il suo sapore e i suoi profumi, ma permette di produrre mosti di maltosio e di conseguenza vini di cereali, ma anche birre.
Bibliografia
[1] Needham, J.; Science and Civilisation in China, volume 6, Biology and Biological Technology, Part V: Fermentation and food science by H. T. Huang, D. Phil, Cambridge, 2000;
[2] Shurtleff, W; Aoyagi, A.; History of Koji - grains and/or soybeans enrobed with a mold culture (300 BCE to 2012); Soyinfo Center; 2012;
[3] Watarai, N.; Yamamoto, N.; Sawada, K; Yamada, T.; Evolution of Aspergillus oryzae before and after domestication inferred by large-scale comparative genomic analysis; DNA Research, 2019, 26(6), 465–472;
[4] Yamashita, H. Koji Starter and Koji World in Japan. J. Fungi 2021, 7, 569. https://doi.org/10.3390/jof7070569;
[5] https://www.youtube.com/watch?v=_LwRZ4Y58oc&t=963s&ab_channel=CruMagazine
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