domenica 26 settembre 2021

Sidro '21

In epoca di vendemmia, con l'occasione di aver rispolverato pigiatrice e torchio, volli cimentarmi nella produzione del sidro, rigorosamente di mele.

Quindi come ne ebbi l'occasione, andai al mercato all'ingrosso e acquistai tre cassette di mele, circa 44.0kg. Queste una volta giunte a casa, furono distribuite in sei cassette più larghe, al fine di permettere una buona areazione affinché maturassero. Infatti, le mele non vanno macinate appena colte, o come nel mio caso appena acquistate, sono troppo dure e poco dolci, è meglio lasciarle riposare qualche settimana, così sviluppano pure il loro caratteristico aroma.

Le mele acquistate, erano della varietà Gala, e come molti sanno il sidro si fa con una miscela di mele. Nel mio caso avrei dovuto aggiungere tra 1/3 e 1/4, di mele acide come le Renette o le Granny Smith. Oppure 1/2 di mele Imperatore che sono semiacide. La cosa non fu possibile, poiché non ne trovai. In compenso sperimenterò la produzione di un sidro monovarietale.

Dopo una settimana, quando ormai il profumo delle mele era intenso, decisi che era giunto il momento di macinarle. Così le tagliai a spicchietti, regolai la distanza dei rulli della pigiatrice al minimo, e macinai le mele cassetta dopo cassetta, riducendo il tutto ad una poltiglia granulosa.

Feci risposare questa per una notte, in modo che si ammorbidisse e potesse rilasciare meglio i suoi succhi.

Quindi all'indomani inizia a torchiare, sistemando la pomaccia in una rete a trama fine di poliestere, al fine di evitare che il tutto fuoriuscisse dalla gabbia.

Questa operazione fu quella che richiese più tempo, poiché la matrice spugnosa delle mele richiedeva più pressione rispetto le bucce d'uva, dovendoci arrivare per gradi.


Alla fine della prima pigiatura, smontai il tutto, rimescolai la pomaccia e torchiai di nuovo, il risultato finale fu una torta asciutta di polpa di mele.

La resa fu prossima al 60%, circa 25.0l a 11.4°Br; considerando che prima di pigiare le mele, andai a pesarle, risultando essere 42.6Kg, ciò si spiega con il fatto che durante la maturazione si sono seccate un po' ed alcune sono marcite.

Con molta probabilità il grado zuccherino finale apparente sarà di 4.0°Br, un'attenuazione apparente del 90.0% e 6.3ABV.

La fermentazione del mosto nelle prime 24 ore, fu scialba, quasi assente. Ma dopo queste iniziò ad essere molto tumultuosa, portando all'espulsione delle particelle di mela rimaste in sospensione nel mosto.

Mosto dopo 12 ore
Mosto dopo 24 ore


Infine, fermentazione tumultuosa andò a scemare dopo quattro giorni lasciando il passo ad una fermentazione lenta e tranquilla come da "manuale". Ora non resta che aspettare un mesetto, prima di poter travasare. 






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domenica 12 settembre 2021

Raccolta luppolo '21

Settembre porta con se la maturazione dei frutti, tra questi di maggior importanza per la birra, il luppolo.


Il primo ad essere raccolto fu quello prodotto dalle piantine del campo di selezione. L'operazione fu piuttosto facile, tramite una roncola ho reciso lo spago e la liana all'estremità superiore e quella inferiore, lasciando un metro di liana al di sopra del rizoma interrato.


La parte più stancante per così dire, fu quella della sgrappatura, dovendo staccare singolarmente i luppoli dalla liana, infatti, fu l'operazione che durò più tempo. Ad essa seguì quella dell'essiccamento, che a causa del tempo incerto e di una bassa temperatura fu effettuata con l'ausilio degli essiccatori impostati al minimo, 35°C.

Un volta essiccato, pressai i coni in dei vasetti di vetro, li chiusi perbene, conservandoli in congelatore. In totale confezionati 280.0g di luppolo. Non male per 12 piantine al primo anno di fioritura.

Sorachi Ace

Ad esse seguì il Sorachi Ace, presente nel luppoleto, l'operazione di potatura durò qualche minuto, ma quella di sgrappatura, perdurò un intero pomeriggio. In compenso fui premiato da 260.0g di luppolo secco.


L'aroma citrico di questo luppolo era appena percettibile, ma quello resinoso era penetrante. Bisognerà vedere come renderà nelle cotte.

Rubicone

Infine, grande soddisfazione me la diede il vecchio Lycos, ribattezzato in Rubicone, dal fiume lungo il quale furono raccolti i rizomi. Qua la raccolta fu ardua, dovetti raccogliere singolarmente i coni direttamente dalla pianta. Poiché facendola crescere sulla recinsione, quindi in orizzontale, non potevo recidere la liana e portarmela da qualche parte per lavorarmela più comodamente.
Infatti, raccoglievo i coni giornalmente e li facevo essiccare durante la notte, totalizzando 640.0g di coni secchi prodotti da tre piante.


Questi furono divisi in quattro vasetti contenti 60.0g, due contenendone 100.0g e infine, decisi di utilizzarne 200.0g per l'invecchiamento, contenute nel sacchetto di stoffa con ricamata l'iniziale elle.


In compenso l'annata è stata molto soddisfacente, i luppoli del campo di selezione presentano poco più del 3.0% di A.A., lo stesso Rubicone, mentre il Sorachi Ace ne presenta il triplo, spero il prossim'anno di poter assaggiare anche il Cascade ed il Fuggle.






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domenica 5 settembre 2021

Mugikoji

Il Mugikoji è il koji prodotto con i grani diversi dal riso, come frumento od orzo. Utilizzato soprattutto nella produzione di miso e salse, come quella di soia e soprattutto per la produzione delle basi per i distillati come l'awamori.

Parallelamente alla produzione di komekoji, volli sperimentare pure la fermentazione con koji di orzo e frumento. 


Iniziai con l'orzo perlato, quello più utilizzato tradizionalmente. Che dopo essere stato lavato dai residui amidacei, lo lasciai in ammollo per un notte (12 ore). Il giorno seguente, i semi erano belli gonfi e morbidi, procedendo con la cottura a vapore per 40min. Come detto precedentemente con il Komekoji, i cereali da "maltare con aspegillus", non vanno bolliti, altrimenti si rovinerebbero.

Dopo aver atteso che si raffreddasse (2 ore), procedetti con l'inoculo di 0.200kg di koji in grani (lo stesso utilizzato per la produzione di komekoji), infatti, anche in questo caso utilizzai 2.0kg di orzo perlato.

Il cereale veniva mescolato ogni 12 ore, e a 24 ore dall'inoculo la muffa iniziava a diffondersi e a produrre il tipico odore.

Il sistema andò a produrre sempre più calore, e fui costretto a distribuire il cereale su qualcosa di più ampio, oltre a dover rompere i grumi ogni volta che mescolavo.


A 48 ore dall'inoculo il cereale era ancora un po' morbido e lo lasciai fermentare. Infatti, a 60 ore dall'inoculo, finalmente si era del tutto seccato e ricoperto dal candido strato della muffa (a destra). Avviai così l'essiccatore, per poter meglio conservare il prodotto.

Da 2.2kg di ingredienti iniziali ricavai 1.75kg, con una resa del 80%.






L'omugi-koji e il komugi-koji

Quando tutto si ampliò divenendo più complicato. Infatti, chiedendomi se con il koji si potesse brassare qualche sorta di birra, decisi di produrne un po' partendo da orzo distico e grano tenero. 

Il primo problema con cui andai a scontrami fu che l'aspergillus non poteva penetrare un chicco integrale, o almeno avrebbe richiesto più giorni del dovuto e il cereale si sarebbe seccato producendo così un koji di pessima qualità.

Il tutto fu ovviato con  lo spezzare i cereali o ridurli in fiocchi, comunque danneggiare il cereale affinché la muffa potesse proliferare. I koji risultanti furono battezzatati con il nome di: omugi-koji, koji di orzo e komugi-koji, koji di frumento.


Inizia con la semimacinatura di 3.0kg di orzo distico (in alto a sinistra) e di 3.0kg di frumento (in alto a destra). Li lasciai in ammollo per 12 ore, ma li andai a risciacquare per paura di rovinare la matrice amidacea del seme, poiché essendo farinosa e non vitrea come il riso, andando a fare ciò non mi sarebbe rimasto molto del cereale.


All'indomani i grani si presentavano gonfi e gommosi, mentre l'amido disperso fu dilavato facendo scolare i cereali. 
Procedetti con la cottura a vapore per 1 ora, in modo da essere sicuro che si cuocessero per bene.
Ciò fu permesso, tramite uno strofinaccio legato in testa ad una pentola, riempita per 1/3 d'acqua, il tutto chiuso dal copechi che si andava ad incastrare con lo strofinaccio.



Nel mentre che i grani cuocevano misi gli strofinacci, utilizzati per foderare le cassette e coprire i cereali durante la loro fermentazione, a sterilizzarsi per mezzo di bollitura.

Ciò permetteva allo strofinaccio di mantenere il cereale umido nelle prime fasi di inoculo.







Una volta bolliti i cereali (sotto) si presentavano gommosi ma non appiccicosi, ed esercitando una lieve pressione su di loro, davano la possibilità di divenire una pasta consistente.

Dopo averli fatti raffreddare per due ore procedetti a inocularli con 0.3kg ciascuno di mugikoji precedentemente prodotto con l'orzo perlato.

Dopo 12 ore dall'inoculo, mescolai i cereali, i chicchi da inoculo si erano idratati, e le ife iniziavano a crescere, come nella foto soprastante.


Dopo 24 ore (dall'inoculo), la muffa iniziava a diffondersi (foto sopra), iniziando a produrre il tipico odore di banana e litchi. Mentre dopo 36 ore i grani iniziavano a seccarsi (foto sotto), a causa del forte calore sviluppato, quindi bisogna mescolare bene i grani oltre a doverli sgrumane. 


Infatti, in questa fase inizia a crescere uniformemente, andando al legare i cereali e formare dei veri e propri panetti, che si possono surriscaldare.

Arrivati a 48 ore, l'aroma di banaa cede il posto a quello di funghi freschi, mentre il calore sviluppato tende a diminuire e i cereali iniziano quasi ad essere completamente ricoperti dalle ife (foto sopra). Infine, arrivati a 60 ore, i cereali sono quasi secchi e candidi, non presentano alcun odore, non sviluppano calore ed appaiono di una piacevole bianco candido (foto sotto)

Terminata la fermentazione, procedetti con l'essiccamento dei prodotti a 35°C, il processo ha impiegato 15 ore. La resa è stata come sempre del 80%, non considerando che qualche granello è andato perso durante il processo.

Non resta ora che trovare il tempo di utilizzarlo nel brassaggio di una birra.






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