sabato 28 agosto 2021

Komekoji

Il koji maggiormente prodotto e usato è quello di riso, chiamato "kome-koji". Utilizzato soprattutto per la produzione di sakè, amazake e awamori. 

Tradizionalmente, si utilizza riso tondo di piccole dimensioni, ciò è dovuta ad una prolungata abrasione del chicco di riso nella fase di raffinazione, infatti, si utilizza un riso chiamato Sakamai, dai chicchi grandi e robusti; adatti a sopportare questa lavorazione.

La prolungata lavorazione di questo riso, fa si che nel prodotto finale rimanga solamente il 30-50% del riso iniziale. Ciò permette di avere solamente la parte più pregiata del riso, il cuore amidoso. Permettendo la produzione di un koji e di conseguenza un sakè, privo di off-flavor dati dagli olii e le proteine contenute nel germe e nel pericarpo del seme.


Con queste premesse, l'unico riso in commercio che forse si adattava, era quello Originario. Utilizzai 2.0kg, li lavai per bene al fine di eliminare tutto l'amido libero e lo lasciai in ammollo per una notte, 12 ore. Al mattino il suo aspetto era di un piacevole bianco candido (foto sopra), e mi avviai a cuocerlo per 40 min a vapore. 

A questo punto devo aggiungere una nota, è buona norma non bollirlo, poiché darebbe un prodotto non facile da lavorare, a causa della sua elevata umidità; oltre al fatto che il riso rilascerebbe parte dell'amido nell'acqua andando così peso.

Infatti, come si può osservare nella foto soprastante, il riso cotto a vapore, sarà raggrumato, ma poco appiccicoso; umido, ma non bagnato. Permettendo così una crescita ottimale dell'Aspergillus.

A due ore dal termine della cottura, quando il riso era ormai freddo, lo inoculai con 0.200kg di koji in grani acquistato in un negozio di prodotti biologici, in mancanza delle spore in quel momento non disponibili.

All'apertura del pacchetto, fui sorpreso dell'aroma proveniente, tra miele e biscotto; come pure il sapore marcatamente di malto con un leggero retrogusto umami o meglio di funghi secchi.

Comunque, una volta inoculato il riso, fu mescolato e lasciato riposare in una cassetta foderata con una tela di cotone sterile.

Il tutto procedette tranquillamente, mescolavo il riso ogni 12 ore. E dopo 24 ore dall'inoculo la muffa si diffuse, producendo calore e favorendo l'evaporazione del cereale. Da qui decisi di sistemarlo in una cassetta più ampia per aumentare l'area favorire una temperatura più omogenea. Oltre al fatto che si andò sempre più a diffondersi l'inconfondibile odore di banana, da molti descritto come odore di melone maturo.


Il koji in formazione doveva essere mescolato ogni 12 ore, per evitare che si surriscaldasse e rompere i grumi formati delle ife della muffa.

Infine, dopo 48 ore, il koji era pronto, il calore che generava permetteva che che si asciugasse da solo. Presentandosi, di un piacevole bianco, dove si poteva osservare la muffa bianca che ricopriva ogni chicco (foto a destra). L'odore di banana si era affievolito, lasciando posto a quello dei funghi freschi.

Decisi così di asciugarlo ulteriormente, nell'essiccatore a 35°C, ottenendo così un buon prodotto croccante, dal piacevole odore maltato.

La resa totale si aggira intorno all'80%, infatti, da 2.2kg ne ricavai circa 1.75kg.






Le informazioni presenti su questo blog sono a scopo informativo, quindi mi esento da qualsiasi responsabilità per i danni che potreste causare.

domenica 22 agosto 2021

Koji


Chiunque abbia avuto contatti con la cultura nipponica, non può non conoscere il saké, vino di riso "parente" della birra. Ma questo vino non viene prodotto attraverso la maltazione del cereale come si fa in occidente, bensì utilizzando una muffa addomesticata.

Questa viene chiamata "koji" in giapponese (ideogramma a sinistra) ed è un fermento a stato solido, in quanto prolifera su substrati solidi ricchi di amidi e proteine, come il riso cotto a vapore o la soia bollita. La sua particolarità sta nel fatto di essere in grado di produce un enorme quantità di enzimi necessari alla digestione del substrato, come proteasi e amilasi, permettendo una maltazione del cereale senza la necessità di farlo germogliare.

Il nome scientifico di questa muffa è Aspergillus oryzae. Gli Aspergilli sono muffe cosmopolite, cioè si possono trovare in tutto il mondo, come l'A. niger, presente negli edifici umidi e utilizzato in campo industriale per la sintesi di enzimi e di acido citrico; oppure l'A. flavus, che cresce sui cereali o la paglia umida, producendo aflotossine, pericolose per l'uomo e gli animali.

Di recente sono stati comparati i genomi dei vari Aspergillus, risultando che l'A. flavius e l'A. oryzae condividono il 99.5% del genoma, facendo avanzare l'ipotesi che che la muffa del koji sia una mutazione detossificata dell'A.flavus nata con l'addomesticamento di questa [3].

La storia

L'origine del koji si ha con il "qu" o "chhu" (pronuncia ciuu, ideogramma a sinistra) e nasce in Cina nel III a.C., citato nel Zhouli (Il Libro dei Riti della dinastia Zhou). Veniva utilizzato principalmente per la produzione jiang/miso e la soia nera fermentata, infatti, non viene citato nella produzione di vino di cereali [2].

Solo nel II d.C. nel Liji o Xiaodai Liji (Il Libro dei Riti) viene descritto il processo di produzione di un vino di cereali, fatto con miglio e koji di riso. Nello stesso periodo nel Shouwen Jiezi (Dizionario Analitico dei Caratteri) è descritta una variante dell'ideogramma (a destra) del qu composta dal radicale del bambù sormontato da quello del crisantemo, ciò facendo ipotizzare che il qu si sia originato da una cesta contente riso cotto al vapore, che raffreddandolo all'aria apersi "fiorì" come un crisantemo (formazione di muffe verdi-gialle) [1][2].

Nel 544 d.C. il Qimin Yaoshu, contiene la descrizione della produzione del qu, descrivendone nove tipi, la maggior parte prodotti con il frumento, tranne uno prodotto con la setaria. Ciò mette in luce l'utilizzo attuale ideogramma, identico a quello giapponese, composto da quello del grano [2].

Nel 725 d.C. il Harima no Kuni Fudoki, cita per la prima volta il koji al di fuori della Cina, in Giappone [2].

Infine, 1878 Mr Ahlburg descrive le spore di koji con il nome di Eurotium oryzae e nel 1883 la muffa fu battezzata Aspergillus oryzae [2].

Gli Aspegilli

Il nostro Aspergillus oryzae non è il solo protagonista nella produzione di vini di cereali e fermentati di soia, per questo dobbiamo parlare di diversi koji e di diversi Aspergilli.

  • Aspergillus oryzae, chiamato "kikoji-kin", cioè koji giallo, utilizzato per la produzione di sakè e  amazake [4].
  • Aspergillus sojae, una mutazione albina dell'A. oryzae, utilizzato per la produzione di miso e salsa di soia. Avente una buona attività proteolitica [4].
  • Aspergillus luchuensis var awamori, chiamato "kurokoji-kin", cioè koji nero, frutto dell'addomesticazione dell'A. niger e utilizzato per la produzione dei awamori, un distillato di riso fermentato con koji, prodotto a Okinawa. Avente una buona produzione di acido citrico [4].
  • Aspergillus luchuensis var kawachii, chiamato "shirokoji-kin", cioè koji bianco, mutazione albina del precedente, nata nel 1923, viene utilizzato nella produzione di shochu, un distillato di cereali e/o patate, simile all'awamori se non per avere un gusto più dolce e rinfrescante. Questa muffa viene molto apprezzata soprattutto per un'elevata produzione di enzimi diastatici [4].

La produzione

La fermentazione del koji dura circa 50 ore, anche se nel caso dell'utilizzo di cereali come grano, orzo o riso integrale il processo può durare 60 ore [5].

  • Si inizia con il "hikikomi", la stesura del riso cotto a vapore, per la sua acclimatura, nel "kojimuro", una stanza adibita alla sola produzione del koji, dove la temperatura e l'umidità viene mantenuta costante. Infatti, la muffa per proliferare ha bisogno di una temperatura tra i 32° e i 38°C e un'umidità relativa del 98%.
  • Dopo 2 ore, si ha il "tanefuri", dove il riso cotto a vapore viene inoculato con le spore di aspergillus. Da qui si procede a mescolarlo e sistemarlo in una cassaforma per essere coperto.
  • A 5 ore dall'inoculo, si procede con il "kirikaeschi", che prevede di sformare il riso e mescolarlo per una migliore omogeneità. 
  • Il giorno successivo a 20 ore dall'inoculo, avviene il "mori", con la sformatura del riso e la sua granatura. Da qui il futuro koji viene sistemato in apposite cassette di legno, "kojibuta" per mantenere umidità e temperatura costante.
  • Infatti, dopo 28 dall'inoculo, si ha lo "tsumikae" dove le cassette vengono ruotate per regolare la temperatura.
  • A 31 ore dall'inoculo, si ha il "nakashigoto" dove il koji nelle cassette viene mescolato in modo che non si raggrumi e non si surriscaldi, per l'attività feremntativa.
  • A 35 ore dall'inoculo, si ha lo "shimaishigoto", ora il koji viene distribuito lungo la superficie della cassette per favorire l'evaporazione e il raffreddamento del koji.
  • Infine a 50 ore dall'inoculo, si ha il "dekoji", dove il koji ormai pronto viene distribuito in delle scaffalature e posto all'esterno della kojimuro per raffreddarsi e seccare. Una volta seccati può essere utilizzato per la produzione di sakè

L'utilizzo

In genere il koji viene utilizzato al 20% del totale, poiché ha abbastanza enzimi per maltare il resto dei cereali. Questi devono essere cotti a vapore e poi mescolati con acqua in proporzione 1:2.5.

Il koji non viene infuso in acqua calda per l'ammostamento come con il malto, ma lasciato lavorare a temperatura ambiente facente da supporto al lievito per la diastasi. Mentre nella produzione dell'amazake, il koji viene aggiunto ad un porridge di riso e lasciato macerare per 5-6 ore tra 50° e 60°C, per essere utilizzato come base per dolci.


Il Koji è un evoluzione parallela al malto, ha il suo sapore e i suoi profumi, ma permette di produrre mosti di maltosio e di conseguenza vini di cereali, ma anche birre.






Bibliografia

[1] Needham, J.; Science and Civilisation in China, volume 6, Biology and Biological Technology, Part V: Fermentation and food science by H. T. Huang, D. Phil, Cambridge, 2000;

[2] Shurtleff, W; Aoyagi, A.; History of Koji - grains and/or soybeans enrobed with a mold culture (300 BCE to 2012); Soyinfo Center; 2012;

[3] Watarai, N.; Yamamoto, N.; Sawada, K; Yamada, T.; Evolution of Aspergillus oryzae before and after domestication inferred by large-scale comparative genomic analysis; DNA Research, 2019, 26(6), 465–472;

[4] Yamashita, H. Koji Starter and Koji World in Japan. J. Fungi 2021, 7, 569. https://doi.org/10.3390/jof7070569;

[5]  https://www.youtube.com/watch?v=_LwRZ4Y58oc&t=963s&ab_channel=CruMagazine

domenica 8 agosto 2021

Campo di selezione '21 - Aggiornamento

 Dopo un mese di osservazioni e monitoraggio del campo di selezione, tutte le piantine erano fiorite, dando modo di distinguere le piante maschio da quelle femmine. 

In totale vi sono presenti 12 femmine su 20, quindi il 60%. Ovviamente le restanti 8 piante sono maschi. Purtroppo due pianti presenti alle estremità della fila B, non sono riuscite a raggiunger il pieno vigore ed essere identificate.


Nella foto sovrastante si possono ammirare le prime sei coppie del campo, fotografate qualche giorno prima, si tratta di quasi tutte femmine, i maschi sono stati già tagliati per evitare che impollinassero tutto. Mentre nella foto sottostante le rimanenti coppie fotografate un settimana prima, gran parte di maschi sono stati tagliati.


Il prossimo anno sarà il turno del progetto Gonolycos, le piantine che verranno selezionate saranno battezzate come Lycos.






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